Una scritta elaborata, più raffinata, nella sua efferatezza, rispetto a quelle apparse nei giorni scorsi a Mondovì, Brescia e Torino. Chi l’ha pensata sapeva chi veniva rinchiuso nei campi di concentramento nazista oltre agli ebrei. Anche la grafia ripropone il gotico, a richiamare la fascinazione per il retaggio nazista.
La coalizione civica Schio, che ha pubblicato la foto su Facebook, ha commentato: “Stücke. Pezzi. Così i nazisti chiamavano chi veniva prelevato e rinchiuso nei campi di concentramento. Un pezzo è un oggetto. Essendo un oggetto puoi farci quello che vuoi e quando hai finito di usarlo, lo puoi pure bruciare buttandolo in un forno. Questo foglio affisso oggi a Torrebelvicino racconta questo.
La violenza passa attraverso una lenta deumanizzazione. Fa inorridire. Quando non si riconosce la dignità umana altrui si mette in discussione pure la propria. La libertà conquistata con la fine del nazifascismo va difesa tutti i giorni. Essere antifascisti vuol dire ricordare sempre chi è morto per la nostra libertà di pensiero e parola oggi”.