Le origini

Per riuscire a comprendere, quello che Massimo Troisi è stato, ha rappresentato e ha significato, da artista, in un determinato momento storico, bisognerebbe partire probabilmente dal contesto d'origine. Per poi man mano allargare il campo d'azione... Come tanti cerchi concentrici che partendo da San Giorgio a Cremano, piccolo comune alle porte di Napoli, e luogo di nascita dell'artista, arrivano ad includere l'intero Paese. Dai racconti natalizi di fine anni settanta, alle riflessioni su Bossi o Andreotti all'inizio degli anni novanta.

Le origini di Troisi

Vanno ricercate in un'infanzia, come tante altre. Famiglia numerosa, padre ferroviere e tanti segni di vita portati dietro e dentro. Tra questi, l'intervento al cuore, giovanissimo, che scandirà il tempo di tutta la sua esistenza. Tante storie, tanti racconti appunto. L'adolescenza segnata da una non impeccabile condotta scolastica e dall'incontro con il teatro. Il giovane Massimo non parla troppo, ma sa comunicare, sa lasciarsi intendere e sa farlo, in un modo che, a quei tempi, verso i settanta, insomma, in pochi sanno fare.

Napoli

E' ancora radicata alle sue fondamenta artistiche, la sperimentazione, il nuovo è qualcosa che difficilmente si accetta, ma Massimo, prova ad essere alto, e man mano, dal Centro Teatro Spazio della nativa città, insieme a quello che nel frattempo è diventato il suo gruppo di cabaret (Lello Arena e Enzo Decaro), arriva fino ai teatri del capoluogo partenopeo, e da lì, alla tv. Ci si potrebbe dilungare all'infinito sul tema, ma ciò che accade in quegli anni è qualcosa di molto naturale. Napoli, la città, il suo popolo, non più associati a quella sorta di vittimismo congenito proprio della maggior parte della sua musica, della sua produzione teatrale ed anche forse di un certo tipo di cinema, ma lanciati verso qualcosa di nuovo, di diverso, di artisticamente innovativo.

Panorama artistico

Enzo Moscato, Pino Daniele, Annibale Ruccello, Roberto De Simone, stanno offrendo alla città ognuno nel proprio campo, un sentimento di rinascita, un'energia nuova, un linguaggio mai ascoltato, e questo, segnerà per sempre Napoli, portandola ad essere avanguardia, simbolo di contaminazione, ed espressione artistica. In quegli anni, forse come non mai. In questo contesto Troisi, da alla luce il suo primo film “Ricomincio da tre”, una profonda riflessione sui luoghi comuni legati ai giovani del sud, alle loro aspettative, al loro rapporto con l'altro sesso, al contesto economico e sociale, feroce di quegli anni, siamo all'inizio degli ottanta, il tutto condito con la solita ironia ed apparente leggerezza, miscela di fatto esplosiva per quello che sarà il risultato finale.

I successi

Il 1982 è l'anno di “Scusata il ritardo”, sempre con il fido Arena, e sempre girando intorno all'insicurezza ed alla provvisorietà del giovane protagonista, investito dai mille inconvenienti, classici, della vita, altro successo, altra prova d'autore, altra miscela esplosiva. Negli anni, cresce il sodalizio con Benigni, che da alla luce l'esilarante e quasi innovativo “Non ci resta che piangere”, e prende vita la collaborazione artistica con il maestro Ettore Scola. Di quegli anni, il capolavoro “Che ora è”, e “Splendor” entrambi in coppia con Marcello Mastroianni. Infine il poetico “Il Viaggio di Capitan Fracassa”, dove Troisi, nel ruolo di Pulcinella, da vita ad una intensa alternanza tra uomo e maschera, probabilmente, troppo poco ricordata negli anni a seguire.

Scola e gli anni '90

In mezzo, altra chicca cinematografica, “Le vie del signore sono finite”, altra regia, altra eccezionale prova d'attore, altro racconto sopra le righe, per il tema, per le modalità, per l'idea probabilmente. La malattia, la mente, il cuore, l'amore, ed un contesto che di certo non aiuta. Gli ultimi anni sono scanditi dall'aggravarsi della malattia, la rincorsa alla vita insomma, la sensazione opprimente dei giorni segnati.  La volontà di regalare al pubblico ancora qualcosa di significativo.

“Pensavo fosse amore invece era un calesse”

Ennesima perla, ennesima collaborazione con l'amico fraterno Pino Daniele, non è altro che la riproposizione del vecchio personaggio di “Scusate il ritardo”, cresciuto, ma segnato dagli stessi limiti, dalle stesse insicurezze, dagli stessi comportamenti ai limiti della comprensione. Altro capolavoro nel suo genere.

Il postino

L'ultimo atto, è tutto per “Il Postino”. Il romanzo di Skarmeta di cui si innamora. Il sodalizio con Michael Redford, con il quale aveva già lavorato per “Hotel Colonial” ed al quale affiderà la regia di quello che di fatto rappresenterà il suo testamento artistico. Massimo mette tutto se stesso per la realizzazione del film, tralasciando il suo cuore, che negli ultimi tempi era tornato a fare i capricci . “Questo film voglio farlo con il mio cuore”, dirà alla sua fidanzata dell'epoca, e cosi andrà. E' provato, nel fisico, nell'animo, ha bisogno di una controfigura per le scene più faticose, ma il suo cuore è li, ed ancora una volta detta i tempi. Massimo è stremato, quando a fine riprese raggiunge casa di sua sorella, ad Ostia, per riposarsi, per riprendersi dalla tanta fatica. E' il 4 giugno del 1994, Massimo sta riposando, sono passate appena 12 ore dall'ultimo ciak. E' sereno, soddisfatto, ha fatto tutto ciò che avrebbe voluto, nel modo in cui avrebbe voluto. Non si risveglierà più.

Massimo

Qualche giorno dopo, dal palco dello stadio San Paolo di Napoli, l'amico, il fratello Pino Daniele, con tono commosso, si rivolgerà al pubblico dicendo che proprio quella sera, aveva dimenticato di passare a prender Massimo. La commozione cala sull'impianto di Fuorigrotta, la voce è spezzata, il ricordo indelebile, Massimo è lì e tutti sanno che è cosi. Un rivoluzionario fuori da ogni riga, un poeta, un fine pensatore, gigante dell'anima e di quei sorrisi spezzati, un po' di gioia ed un po' di dolore. (di Paolo Marsico) Leggi anche: Il 2 giugno del 1981 moriva Rino Gaetano. Il ricordo di un artista immenso. Seguici su Facebook 41esimoparallelo
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