Le dichiarazioni

Sono molto contento che il lockdown ci abbia insegnato lo smart working, e ne ho fatto ampio uso in Comune, ma ora è il momento di tornare a lavorare». Queste le parole del primo cittadino di Milano, Beppe Sala, in un video postato venerdì sui social. Apriti cielo. Gli smartworker milanesi hanno risposto su Twitter e Facebook rispedendo al mittente l’etichetta di fannulloni. Non è piaciuto in particolare quel «tornare a lavorare». «Come se — hanno scritto in tanti — da casa si rubasse lo stipendio». Reazione prevedibile. È stato lo stesso Comune di Milano nel 2014 a lanciare per primo in Italia la Giornata del lavoro agile. Facendo scuola, seguito negli anni successivi da Torino, Bologna, Genova e anche Roma. «Quella fatta dal sindaco di Milano Giuseppe Sala sul rientro al lavoro è un’affermazione che mi ha stupito, è come se avesse detto che i dipendenti della sua amministrazione non avessero lavorato in queste settimane. Ma immagino che non fosse questo l’intento», non ha risparmiato l’affondo la ministra della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone, M5S, intervistata a Zapping su Radio1 Rai.

Preoccupazione

In effetti nel corso della giornata è cominciato a trasparire come i toni spicci del sindaco coprissero in realtà una seria preoccupazione per la città. Tutti i centri urbani soffrono l’emergenza coronavirus. Ma Milano di più. I grattacieli diventati simbolo della rinascita del capoluogo lombardo, nei quartieri di Citylife e Porta Nuova, ora sono in gran parte vuoti. Per i bar, i ristoranti e i negozi del centro, già orfani dei turisti, questo vuol dire spesso il colpo di grazia sui bilanci. Non a caso a sostegno del sindaco si è schierato proprio il mondo del commercio. «L’invito del governo al massimo utilizzo del lavoro agile è stato preso alla lettera, riducendo in modo sostanziale i flussi delle persone: quindi una modalità certamente più “smart”, ma sicuramente meno “work” per i nostri negozi», dice il presidente di Federmoda Italia Renato Borghi.

Valore

Ma c’è anche un timore più profondo, che va oltre l’emergenza coronavirus. A Milano una postazione di lavoro vale dai 300 ai 500 euro al mese (questo il costo di una scrivania nei coworking della città). Le imprese che finora avevano escluso il lavoro agile cominciano a valutarlo per i vantaggi sul piano dei costi. E qualcuno pensa addirittura allo smart working obbligatorio per alcuni giorni alla settimana. «Chi accarezza questa idea però non ha capito che il lavoro agile funziona se si lascia libertà al dipendente di organizzarsi come vuole, è grazie a questo che la produttività aumenta», osserva Mariano Corso, alla guida dell’osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano. «Detto questo trovo le parole di Sala sbagliate e pericolose — continua Corso —. Conoscendo il buon senso del sindaco, penso però che volesse attirare l’attenzione sulla necessità di un equilibrio tra lavoro a casa e in ufficio per la tenuta dei trasporti pubblici e del commercio».

Rientri

Nonostante l’auspicio di Sala al ritorno in ufficio, la gran parte delle aziende della city milanese stanno organizzando un rientro al rallentatore. «Nel nostro settore si continuerà a lavorare in gran parte da remoto almeno fino alla riapertura delle scuole, e comunque il rientro sarà graduale», dice Laura Di Raimondo, direttore generale di Assotelecomunicazioni, settore a cui appartengono Tim, Vodafone, Ericcson, Fastweb e Wind3. Intanto in Parlamento la maggioranza valuta la presentazione di un emendamento per modificare la normativa e mettere qualche paletto in più allo smart working. «Questo modo di lavorare funziona se viene lasciata ai dipendenti la libertà di decidere da soli dove e quando lavorare — dice il padre della legge 81 del 2017 Maurizio Del Conte —. Non avrebbe senso tornare a una organizzazione del lavoro novecentesca con tecnologie del 21esimo secolo». (Il Corriere della Sera) Leggi anche: Milano nel fango. Arrestato per stupro l'ex assessore Massari. Metti like alla pagina 41esimoparallelo e iscriviti al gruppo 41esimoparallelo
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