Nuova ordinanza De Luca, pediatri all'attacco. E' quanto emerge da una lettera che gli stessi medici campani avrebbero scritto e fatto recapitare al presidente della Regione Vincenzo De Luca. Dopo la diffidenza di ieri da parte dei genitori, arriva a quindi una nuova denuncia, ma stavolta di carattere non solo sociale ma anche scientifico. A diffondere la suddetta lettera di almeno una cinquantina di pediatri campani è Repubblica Napoli. I suddetti medici analizzano i dati diffusi dal governatore e citando studi scientifici, arrivano a una conclusione: "Riaprire le scuole dall’infanzia alle medie in Campania".

Il testo integrale della lettera (come riportato da Repubblica)

Al Governatore della Campania, dott. Vincenzo De Luca Oggetto: Riapertura scuole dell’infanzia, primaria e secondaria Con l’ordinanza n.79 del 15 ottobre in Regione Campania è stata prevista la sospensione dell’attività didattica in presenza per le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie, salvo consentire con successiva ordinanza n.80 del 16 ottobre l’attività in presenza per la sola scuola dell’infanziae per gli alunni affetti da disturbi dello spettro autistico e/o diversamente abili (ordinanza n.86 del 30 ottobre 2020). L’ultimo Dpcm del Presidente del Consiglio Conte vede divisa l’Italia in tre categorie di rischio in cui la Campania viene considerata come rischio “giallo”, per il quale la didattica va considerata in presenza per le scuole dell’infanzia, primarie e medie. Nonostante ciò, con l’ultima ordinanza n.89 del 5 novembre, non in linea con l’ultimo Dpcm nazionale, viene nuovamente confermata fino al 14 novembre la sospensione dell’attività didattica in presenza, anche per le scuole dell’infanzia, primaria e secondaria in Campania. In vista di tale ultima disposizione e in qualità di pediatri e di operatori sanitari che lavorano secondo protocolli basati su dati riportati nella letteratura scientifica, ci siamo sentiti in dovere di esporre le nostre motivazioni sull’opportunità della riapertura delle scuole dell’infanzia, elementari e medie in Campania, alla luce dei dati scientifici disponibili ad oggi sull’infezione da Sars-Cov-2 in età pediatrica.

I BAMBINI E L’INFEZIONE DA SARS-COV-2

Evidenze scientifiche mostrano che i bambini contraggono l’infezione da SARS-CoV-2 in percentuali significativamente ridotte rispetto agli adulti (1,2). Inoltre, i bambini non sembrano essere “super diffusori” di infezione e la trasmissione da bambino a bambino e da bambino ad adulto sembra un’eventualità non comune (3). Un’analisi di cluster familiari internazionali ha evidenziato che i bambini nella maggior parte dei casi non rappresentano il caso indice nei contatti familiari, essendo responsabili di contagio intra-familiare solo nel 10% dei casi (4). I bambini sviluppano sintomi in circa il 20% dei casi di infezione rispetto agli adulti che li sviluppano in quasi l’80% dei casi (4). È inoltre acclarato che il bambino asintomatico abbia una bassa carica virale (5). A dimostrazione di tutto ciò, uno studio condotto in Germania ha dimostrato che i bambini di età 0-5 anni trasmettono l’infezione da SARS-CoV2 in maniera decisamente meno significativa rispetto alle poche successive (6).

LA SCUOLA E L’INFEZIONE DA SARS-COV-2

Dati scientifici mostrano che le scuole non rappresentano “hotspot” per la trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2. In tutto il mondo è stato accertato che le scuole possano riaprire in sicurezza nei luoghi dove il tasso di trasmissione è basso. Ma anche in luoghi dove i tassi di infezione sono in aumento, focolai epidemici nelle scuole sono infrequenti, soprattutto se sono state adottate misure di contenimento per il rischio di trasmissione. In Australia, dove la II ondata del COVID-19 si è verificata a giugno, focolai legati all’apertura delle scuole sono stati rari, limitati a singoli casi nella maggior parte delle volte e coinvolgenti <10 individui nel 91% dei casi (7).

Dati inglesi

Mostrano come anche in caso di focolai scolastici, siano gli adulti, i primi ad essere infettati (e quindi essi stessi sono responsabili dei focolai) (8).

Gli adulti operatori scolastici

Presentano un rischio di infezione da SARS-CoV-2 più elevato rispetto ai bambini in ogni setting educazionale, e i focolai scolastici sono stati legati a infezione di adulti nella maggior parte dei casi (trasmissione tra adulti operanti nelle scuole piuttosto che da adulti a studenti). Dallo studio inglese, in 30 focolai infettivi scolastici la probabile trasmissione è stata: da operatore adulto a operatore in 22 casi (15 da adulto ad adulto e 7 da adulto a studente) e solo in 8 casi erano coinvolti studenti come fonte di infezione (da studente a operatore scolastico in 6 casi e da studente a studente in 2 casi)(8). Pertanto, basterebbe la rigorosa adozione di misure di contenimento adeguate da parte degli operatori scolastici, per azzerare il rischio di contagio in ambito scolastico. Oltre al verosimile scarso ruolo degli studenti e delle scuole come focolai epidemici, non è nemmeno chiaro se i focolai scolastici siano realmente responsabili dell’aumento della diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2 in comunità considerando che ci sono altre possibilità (frequenza di coetanei e luoghi pubblici in orari extra scolastici) di diffusione dell’infezione.

L’ultima ordinanza della Regione Campania

Giustifica la chiusura delle scuole anche in virtù di un recente lavoro pubblicato sulla rivista Lancet Infectious Disease(9). Da una revisione critica della pubblicazione si evince che gli autori hanno analizzato l’impatto di interventi non-medici sul numero di nuovi casi di infezione da SARS-COV-2 in 131 regioni in Gran Bretagna da Gennaio a luglio 2020 nella popolazione sia adulta che pediatrica, valutato in base all’indice R(9).

Nuova ordinanza De Luca - La chiusura della scuola

Adottata insieme ad altri 7 interventi (chiusura dei posti di lavoro, proibizione degli eventi pubblici, limitazione degli incontri con altri persone consentita fino a 10 persone, chiusura dei trasporti pubblici, ordine di stare a casa, restrizione degli spostamenti e dei viaggi internazionali).

Dai risultati

Si osserva una riduzione dell’indice R già 7-14 giorni dopo l’adozione delle misure descritte, con una riduzione statisticamente significativa solo per le restrizioni degli eventi pubblici ed un aumento dell’indice R in caso di non adozione di tutte e 8 le suddette restrizioni dopo 28 giorni. Gli autori stessi ammettono dei limiti dello studio per ciò che riguarda la chiusura delle scuole (9).

Nel dettaglio:

1.Non sono state prese in considerazione le misure di prevenzione che le scuole avrebbero dovuto adottare per assicurare la minor diffusione possibile del virus (distanziamento, uso di mascherina, lavaggio delle mani, aereazione degli ambienti, riduzione del numero di bambini per classe); 2.Non è stata fatta alcuna differenziazione in base al grado scolastico (infanzia, primarie, secondarie, università); 3.I dat inon sono stati valutati in base alla chiusura delle scuole per le vacanze estive. Per i suddetti motivi, non si può assolutamente ascrivere alla semplice chiusura scolastica la riduzione dell’indice R osservata nel lavoro. In assenza delle altre misure, che di fatto costituiscono un lockdown totale, non si attende nessuna modifica dell’indice R.

A rimarcare quanto sostenuto

Rileviamo chela Gran Bretagna nonostante la grave situazione epidemiologica con numeri di casi ben superiori a quelli italiani, non abbia adottato la misura di chiusura delle scuole. Tale misura non è stata considerata in nessuno dei paesi in cui sono già state attuate misure più restrittive rispetto all’ultimo Dpcm nazionale tra cui Germania, Francia e Irlanda. Alla luce di quanto riportato, ci domandiamo se sia giusto sacrificare esclusivamente le scuole, giacché il rischio di trasmissione, in particolare nelle primarie e secondarie, è irrilevante rispetto ad altre attività ancora tuttora consentite.

Se il lavoro citato dalla regione su Lancet Infectious Disease

Riporta un abbassamento dell’indice R già a partire da 1 settimana dall’attuazione delle misure, come spieghiamo il continuo incremento della curva epidemica campana a distanza di 3 settimana dalla chiusura delle scuole? Dobbiamo necessariamente concludere che la chiusura delle scuole in Campania non ha sortito alcun effetto sulla riduzione dell’incidenza dell’infezione da SARS-CoV-2. Se consideriamo inoltre i dati ufficiali forniti dall’Unità di Crisi della Regione Campania relativi ai contagi scolastici nell’Asl Napoli 1 (Vomero/Arenella), risultano contagiati 66 studenti delle scuole infanzia/elementari (n=35) e medie (n=31). Analizzando questi numeri in rapporto alla popolazione scolastica totale di infanzia/elementare/medie, i contagiati risultano 66/15237(dall’ultimo censimento risultano residenti nella quinta municipalità 119978 persone di cui 12.7% <14 anni pari a 15237) cioè lo 0.4%.

Nuova Ordinanza - CHIUSURA DELLE SCUOLE ED EFFETTI SULLA POPOLAZIONE PEDIATRICA

Ai rischi di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2a causa della riapertura delle scuole per i bambini, il personale e le famiglie devono essere soppesati rispetto ai danni della sospensione dell'istruzione e dello sviluppo sociale dei bambini stessi (7).

Nuova Ordinanza - La chiusura delle scuole

Svantaggia lo sviluppo educativo e sociale dei bambini. Le lacune che si vengono a creare generano gravi gap culturali nei bambini appartenenti ai gruppi socioeconomici più poveri rispetto ai coetanei più ricchi e inevitabilmente tra bambini che hanno seguito la didattica a distanza in regione Campania e in presenza nel resto d’Italia (10). La chiusura delle scuole durante il lockdown di marzo ha significato il confinamento a casa, senza interazioni sociali con altri bambini e adolescenti al di fuori della famiglia e tempo fuori casa limitato. Un sondaggio condotto su 1784 bambini in Cina dopo essere stati reclusi a casa per un mese ha rilevato che il 22,6% ha riportato sintomi depressivi. Tale percentuale è più elevata di quella precedentemente identificata (17,2%) (11, 12).Nei pronto soccorsi campani in questi mesi è stata registrata una maggiore affluenza di accessi per disturbi d’ansia o psicosomatici soprattutto in età preadolescenziale.

CONCLUSIONI

Sulla base delle evidenze scientifiche discusse, riteniamo che debba essere modificata la decisione di chiusura delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie, in accordo all’ultimo Dpcm nazionale. Auspichiamo che tali Istituti possano riaprire quanto prima mantenendo il rigoroso rispetto delle norme di contenimento dell’infezione. La nostra richiesta può essere riassunta nelle seguenti motivazioni: 1.Basso rischio di trasmissione all’interno degli ambienti scolastici laddove gli operatori adottino adeguate misure di contenimento; 2.Scarsa efficacia della chiusura della scuola come unica misura restrittiva; 3.Difficoltà ad eseguire efficacemente la didattica a distanza per la fascia d’età 3-12 anni; 4.Aumento del divario culturale tra i futuri cittadini della nostra regione e il resto della nazione; 5.Possibili sequele psicologiche a breve e lungo termine.

Fiduciosi in una sua riflessione positiva a seguito delle nostre considerazioni, le inviamo i nostri più cordiali saluti,

Antonietta Giannattasio, pediatra ospedaliero; Marina Russo, pediatra ospedaliero; Rossella Turco, pediatra ospedaliero; Andrea Lo Vecchio, pediatra infettivologo, ricercatore universitario; Massimo Martinelli, pediatra, ricercatore universitario; Carolina D’Anna, pediatra ospedaliero; Carmen Granato, pediatra ospedaliero.

E ancora:

Erika Vecchione, pediatra ospedaliero; Marco Maglione, pediatra ospedaliero; Raffaella Margherita Iodice, pediatra ospedaliero; Matilde Oreste, pediatra ospedaliero; Vera Scotto, pediatra ospedaliero; Marianna De Marco, chirurgo pediatrico ospedaliero; Onorina Di Mita, pediatra ospedaliero; Angela Mauro, pediatra ospedaliero.

Seguono:

Thailia Gagliardo, pediatra ospedaliero; Stefania Di Caro, pediatra ospedaliero; Alessandra Lavorgna, pediatra libera scelta; Flavia Barbieri, pediatra libero professionista; Maria Angela Caiazzo, neonatologa ospedaliera; Angelo Manna, neonatologo ospedaliero; Enza Mozzillo, pediatra ospedaliera. Eleonora Giannetti, pediatra UOMI Asl; Maria Erminia Camarca, pediatra UOMI Asl; Roberta Buonavolontà, pediatra di libera scelta; Raffaella Serpico, internista ospedaliera; Ida Rotta, Neonatologa ospedaliera; Alessandra Farina, chirurga pediatrica ospedaliera; Flora Micillo, pediatra ospedaliera. Roberta Pisanti, neonatologa ospedaliera; Maria Vittoria Andreucci, pediatra Distretto Sanitario; Sara Bertrando, pediatra ospedaliero; Assunta Russo, neonatologa ospedaliera; Paolo Quitadamo, pediatra ospedaliero; Carla Ungaro, pediatra Distretto Sanitario; Andrea Iovino, neonatologo ospedaliero; Viviana Granata, pediatra ospedaliera.

Infine

Elena Scarpato, pediatra ospedaliera; Michela Torino, pediatra; Giovanna Montesano, neonatologa ospedaliera; Paola Parrella, neonatologa ospedaliera; Pasquale Boemio, neonatologo ospedaliero; Luca Astarita, pediatra UOMI Asl; Viviana Granata, pediatra ospedaliera; Alida Casale, pediatra ospedaliero. Carla Ungaro, pediatra UOMI Asl; Angela Sodano, neonatologa ospedaliera; Selvaggia Lenta, pediatra ospedaliera; Andrea Apicella, pediatra ospedaliero; Alberto Corona, pediatra ospedaliero; Anna Romano, pediatra ospedaliera. Leggi anche: Nuova ordinanza, De Luca detta legge: "E' un lockdown, voglio rigore e responsabilità”  Metti like alla pagina 41esimoparallelo e iscriviti al gruppo 41esimoparallelo
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