📍 Luogo: Israele
Una famiglia italiana è rimasta bloccata in Israele, nel pieno delle tensioni militari, dopo la chiusura dello spazio aereo. Si tratta di Giannalberto De Filippis, bolognese residente a Loiano, e dei suoi due figli, Liam e Luna, che si trovano a Nahariya, nel nord del Paese, a circa un’ora e mezza da Tel Aviv. L’uomo, raggiunto via WhatsApp da una giornalista, racconta di vivere nascosto con i figli in una “safe room”, una stanza protetta dove rifugiarsi durante gli allarmi antimissile.
Famiglia italiana bloccata in Israele – La testimonianza dal rifugio: «Siamo pronti a partire, ma serve un aiuto dall’Italia»
La famiglia De Filippis era partita dall’Italia il 30 maggio per partecipare al matrimonio di una parente. La moglie di Giannalberto, Michal, cittadina israeliana, era in Germania per lavoro e avrebbe dovuto raggiungerli, ma l’evolversi della situazione geopolitica ha impedito ogni spostamento. «Dopo l’attacco all’Iran e le risposte militari, lo spazio aereo è stato chiuso», racconta De Filippis. «Lei non può venire, noi non possiamo tornare».
Il rientro era previsto per il 24 giugno, ma il volo è stato cancellato. Al momento, spiega l’uomo, «non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione dall’ambasciata italiana, se non un invito a seguire le indicazioni di sicurezza». Nel frattempo, altri Paesi stanno già organizzando voli per rimpatriare i propri cittadini.
Il dramma dei rifugi e la paura dei figli
La prima notte dei bombardamenti, la famiglia si trovava a Chorazim, vicino al lago di Galilea. «Nell’appartamento non c’era un rifugio, siamo corsi in quello comune», racconta il padre. «I ragazzi erano sotto shock, non capivano cosa stesse succedendo». Per garantire maggiore sicurezza, si sono poi trasferiti da alcuni parenti a Maalot, una frazione di Nahariya, dove è presente una “safe room” con porta e finestra blindate, due metri per due.
Qui, i tre si rifugiano ogni volta che suona la sirena. «Ieri ci siamo chiusi dentro durante il primo attacco diurno», riferisce Giannalberto. La paura non è solo per i missili che superano le difese dell’Iron Dome, ma anche per i frammenti dei razzi intercettati, che cadono al suolo e provocano numerosi feriti.
«Israele è parte della nostra vita, ma ora vogliamo solo tornare a casa»
De Filippis ha vissuto sei anni in Israele e lì è nato il primo figlio. Da quando la famiglia si è trasferita a Bologna, hanno continuato a tornare nel Paese, almeno fino a due anni fa. «Dopo il 7 ottobre pensavamo che le tensioni si fossero allentate. Invece siamo di nuovo nel mezzo del conflitto», spiega.
Oggi, l’unico desiderio della famiglia è tornare a casa. «Siamo pronti a partire in qualsiasi momento», ribadisce. «Serve solo che ci dicano come fare».