Un malessere che si trascinava dalla tarda mattinata, dolore al petto, poi nel primo pomeriggio un peggioramento e la decisione di recarsi in ospedale. È il 25 febbraio. Così Carlo Basile, 59 anni, una vita dedicata all'arte del restauro, decide di scendere a piedi le rampe dei quattro piani di scale dell'antico palazzo in vico Milano, una traversa di piazza Principe Umberto, pieno centro di Napoli. Con lui c'è sua sorella Patrizia, una vita insieme. Tranquillo, ma col fiato sempre più corto. Carlo ce la fa a raggiungere l'androne, ma barcolla e si accascia, lo sforzo è stato troppo. Corrono i vicini, gli amici del quartiere Vasto, che Carlo lo conoscono da sempre. Sono le 16.45. I presenti chiamano il 118, ma nessuno risponde. La prima risposta dopo oltre 20 minuti di telefonate insistenti, c'è concitazione e preoccupazione, intanto si sono fatte le 17.10. L'uomo è a terra, respira sempre più affannosamente, gli occhi aperti. Passa il tempo, i soccorsi non arrivano. Giunge però la polizia allertata dai presenti, la scena è disarmante: un uomo a terra combatte tra la vita e la morte. Anche gli agenti chiamano il 118, che non risponde, intanto intercettano un'ambulanza che passava lì per caso. I due soccorritori a bordo, non hanno il defibrillatore, ma con impegno praticano le manovre di soccorso a mano. Sono le 17.40 circa quando a sirene spiegate arriva finalmente l'ambulanza con tutte le strumentazioni per l'emergenza a bordo. C'è tensione, i vicini gridano sdegnati, per poco non scatta un'aggressione. Cala il silenzio per agevolare i soccorsi. Troppo tardi, Carlo non ce la fa. Muore nell'ingresso del palazzo dove viveva dal 1972. Tutto si ferma, l'ambulanza del 118 viene mandata via; i poliziotti, loro stessi testimoni, raccolgono i racconti dei presenti. Il magistrato dispone il sequestro della salma che resta a terra a disposizione degli inquirenti fino alle 20.40. Un lenzuolo a coprirlo. L'autopsia aiuterà a determinare se i ritardi hanno contribuito a causare il decesso. Ma la famiglia Basile vuole dire la sua: «Vogliamo ringraziare i poliziotti, i vigili e i due volontari della Croce Rossa che si sono spesi fino all'ultimo secondo per aiutare mio zio - dice una nipote - 40 minuti di ritardo sono inconcepibili».

Tortoreto in lacrime per Renato Di Remigio: addio a un giovane papà
Coronavirus, uomo positivo al test a Pomigliano: contagiato da avvocato di Napoli