In risposta a Vittorio Feltri
Mi duole e mi rattrista aver finora, apprezzato un giornalista che, seppur dalle idee a volte a me contrarie, ha sempre goduto della mia stima, e credo del mondo giornalistico in toto. A volte bisogna discernere le cose e domandarsi necessariamente: chi, cosa, quando e perché… Proprio come questa professione
“professa”.
Un gioco di parole voluto, perché si tratta davvero di "professare" una professione che purtroppo ha perso il suo “perché”. E fa male, soprattutto ad una che è cresciuta nel mito di
Oriana Fallaci, dover riscontrare e soprattutto ammettere ciò: oggi è rimasto davvero poco "giornalismo" nei giornalisti. La prima cosa che mi hanno insegnato, oltre alle 5 “W” (Who/What=chi/che cosa; When=quando; Where=dove; Why: perché) da rispettare nello scrivere un qualsiasi articolo, di qualsivoglia natura (politica, cronaca o quel che sia) è che, essere un giornalista, in verità, non è una professione ma quasi una vocazione.
Si ha l’arduo compito di comunicare notizie
Far trapelare un proprio sapere, il proprio “conoscere” qualcosa per il bene della collettività, per far sì che quella collettività cresca senza ignorare ciò che accade. Una visione forse preistorica, lo so, anche se a me piace definirla per lo più "illuminista", per altri invece illusionista o, peggio ancora, utopistica. Nonostante ciò, credo ancora nella forza delle idee, di un’idea che nasce essenzialmente dall’etimologia stessa di ciò che significa comunicare:
“mettere insieme”.
Noi giornalisti (e mi definisco tale, pur non avendo l’esperienza del
Sig. Feltri... Ma questo
“mestiere-vocazione” mi appartiene da un pò) dovremmo limitarci a mettere insieme le notizie, a comunicarle al popolo e a non far trapelare nessuna idea personale, per evitare che si possa in qualche modo confondere e condizionare il lettore. Peggio ancora, offendere il lettore. Mi vien da pensare (e non me ne voglia) che al bergamasco e stra-acculturato direttore
Vittorio Feltri (e chi non lo conosce può informarsi su Wikipedia) tutto ciò sia sfuggito o, forse, a causa della fama acquisita, abbia dimenticato le sue origini, il suo passato, la gavetta fatta.
Sarà sicuramente perché io sono più giovane e più vicina alla figura di
“apprendista giornalista”, sarà che di gavetta ne dovrò fare ancora (non perché poco capace, ma per quello che la casta impone a tutti quelli come me) che invece rammento bene il significato e il vero “perché”, le giuste motivazioni che spingono un giornalista a fare giornalismo.
Credo Sig. Feltri che nell’articolo da Lei pubblicato su Libero
Ha commesso uno dei più gravi errori che questa professione possa ammettere: esprimere apertamente il proprio giudizio, condizionando e istigando i lettori che, proprio in questo periodo, avrebbero bisogno di ben altre sollecitazioni. E non mi si risponda con la solita lagna inerente la
libertà di pensiero o di parola; di quella ne ha piena facoltà, ma non rivolgendosi ad un popolo su un quotidiano per offenderlo.
Gandhi diceva “la libertà e la non violenza sono antiche come le montagne”.
Adattando questo adagio al caso Le dico:
“Il razzismo e la rivalità tra nord e sud sono antiche come le montagne”. Non ci ha detto nulla di nuovo, e forse per questo potrebbe essere assolto, ma ribadisco il concetto: un giornalista informa, non istiga, non condiziona. E un
opinionista (quale da anni oramai è) del suo calibro e della sua cultura, che si diletta nei vari talk show, forse proprio perché ha perso quella vocazione per l'autentico giornalismo, dovrebbe quanto meno avere l’accortenza e la delicatezza di considerare il momento particolare che l’Italia e il mondo stanno vivendo, e di evitare certe affermazioni e certe allusioni.
Ma, purtroppo questo non le appartiene (basti considerare e ricordare le offese
omofobe nei confronti dell’ex senatore dei Verdi qualche annetto fa, solo per citarne una). E sia chiaro, chi si sta rivolgendo a Lei non è di certo la solita terrona o, meglio, come lei ha definito noi del Sud, una
“mandolinista” (che è un arte per pochi, magari sapessi suonarlo). Sono una mezzo sangue, metà torinese e metà napoletana, e forse per questo, per Lei potrei essere anche della peggiore specie, perché in qualche modo potrebbe definirmi una
“bastarda” (oramai mi aspetto di tutto).
Ebbene, proprio in qualità di “bastarda” vorrei spendere due parole.
Esistono il bianco e il nero, due colori completamente opposti, per necessità, per voglia, per virtù, che mescolati danno vita ad un altro colore, forse poco deciso, ma che riesce comunque a riempire la nostra palette di colori, e a permettere ad un pittore di completare il suo quadro.
Esistono il giorno e la notte, si susseguono armoniosamente ogni giorno dell’anno per permettere all’altro di riposarsi. Esistono il sole e la luna in modo tale da poter illuminare il giorno e la notte nella misura esatta che a entrambi conviene… E potrei continuare all’infinito.
Non sono certo una donna devota o religiosa
E non posso nemmeno definirmi totalmente atea, perché comunque nel momento del bisogno mi sono aggrappata e mi aggrappo a qualcuno, a qualcosa, come d’altronde credo facciano in tanti. E’ spesso la disperazione che muove le coscienze. E vorrei poter credere che nel definire noi napoletani e il sud Italia “nemici” è in qualche modo frutto della disperazione, del voler magari rivedere risorgere al più presto il suo Nord, la sua pianura padana con il preciso obiettivo di "gonfiarsi" nuovamente le tasche.
In fondo noi al Sud non sappiamo di cosa parla
Perché noi non sappiamo cosa sia il lavoro, giusto? Beh sto per confidarLe una tremenda verità, che metterà in crisi il suo credo: senza i "mandolinisti" del Sud voi "polentoni" non avreste in alcun modo potuto arricchirvi. Dovrebbe conoscere la storia meglio di me... O forse ha dimenticato anche quella? Magari in questo periodo di lockdown ci starebbe bene un piccolo ripassino.
Il Sud è fatto di menti e braccia che nel momento del bisogno hanno saputo adoperare entrambe e rimettersi in piedi. L’inventiva e l’ingegno non sono appannaggio solamente di voi nordisti, ma sono caratteri peculiari dei mandolinisti che girovagano per le vie della città, senza far nulla da mattina a sera.
Come diceva il grande De Filippo: “Addà passà a nuttate”; in questo caso per noi la giornata.
Potrei stare qui a raccontare delle vicende dei napoletani, di ciò che hanno e sanno fare così, come di tutti i popoli del Sud in generale che, in questa pandemia hanno dimostrato, pur senza le grandi strutture del Nord, di sapersi difendere meglio e, soprattutto, di saper reagire meglio contro un virus che vi ha praticamente distrutto, ma che non è riuscito a debellare la vostra saccenteria e la vostra arroganza. Economicamente sarà proprio l’ ”Ei fu”
Regno delle due Sicilie a subire maggiormente le conseguenze del
Covid 19, perché già sofferente, come la storia vuole e continua a volere.
Ne ho sentite e lette di tutti i tipi, in questo periodo:
Da perché il virus abbia colpito Milano e non Napoli, di come le persone se ne meraviglino, di come i mass media nei loro servizi tv si stupiscano del perché a Napoli non c’era nessuno per strada, o perché, trovandosi nelle vie principali, non si verificasse nemmeno uno
“scippo”… Eh si, sarà sicuramente merito di un sindaco pazzo come
De Magistris che, ancor prima del Nord e della stessa zona rossa, ha chiuso le scuole e ha ordinato la sanificazione degli ambienti; oppure di un governatore sceriffo come
De Luca che sfida tutti e anticipa le norme nazionali… Sarà perché, come un docente universitario mi ha suggerito, ricordando il film
“Così parlò Bellavista” di Luciano De Crescenzo, la principale differenza tra il Nord e il Sud sta nel fatto che i popoli del nord sono costituiti da
"uomini di libertà", mentre quelli del sud da
"uomini d'amore".
Una libertà, però, che, per i nordisti è sinonimo di menefreghismo, mentre al sud è libertà d’animo.
O forse ancora perché al Sud, sarà per storia vissuta (in quanti ci hanno dominato e colonizzato?), sarà a volte anche per convenienza, si è abituati a subire le decisioni altrui… Ma resta di fatto che proprio un bergamasco in fin di vita e in coma si risvegli a Palermo ed esprima la sua immensa riconoscenza ai medici che, nella patria della
mafia, gli hanno salvato la vita.
Il sud è un popolo strano, autoironico, ma che a modo suo e all’occorrenza si dà da fare. In molti scherzano sulle
“Quattro giornate di Napoli”: tutti cinque, noi quattro! E come un grande
Troisi disse: “O’ quinte juorne teneveme che ffà” (il quinto giorno avevamo da fare).
Veda Sig. Feltri, io credo invece che forse questi napoletani "mandolinisti", e con loro tutto il Sud, non piacciano perché troppo risolutivi nel loro essere comunque a volte confusionari, disubbidienti, cialtroni, furbastri e scansafatiche… Ma se lo possono permettere di essere così perché poi, magicamente, nel giro di poco tempo, mentre al Nord si contavano i cadaveri tra il "chiudiamo tutto oppure no”, quatti quatti han tirato fuori il farmaco, che quanto meno rallenta gli effetti del virus, in attesa di un vaccino.
E pure qua: ma chi è sto Ascierto?
E vabbè lui è un gran signore e ai
“Galli” li fa cantare… Tanto ci ha pensato
SkyUk a zittire tutti eleggendo il
Cotugno di Napoli, il miglior ospedale anti Covid d’Italia. Ugualmente non vi siete fermati e allora ancora giù a sferrare colpi contro il Sud,
da Palombelli a Sgarbi, da
Salvini ad un'altra firma del giornalismo italiano,
Pietro Senaldi, con la sua giusta osservazione: «Il Sud cosa deve riaprire? Non si pone il problema perché non hanno aziende».
La cosa che fa più male di tutto ciò è che di “nemico” ce n’è uno solo
Forse creato in un laboratorio, forse per errore… Un nemico che ci sta uccidendo e, sottolineo, “ci”: dinanzi alle vittime che contiamo ogni giorno non esiste nord e sud, non possono esistere morti di Serie A e morti di Serie B. Rilegga
“A’ livella” di
Antonio De Curtis, in arte Totò, le donerebbe un po' di libertà d’animo, in risposta al Suo menefreghismo.
E mentre si continuano a perdere energia e fiato per farsi la guerra con i propri compatrioti
Il
“mostro” fa il suo gioco e vince la sua partita, dividendo ancor di più le popolazioni, tanto a livello nazionale, di un tricolore che forse sventola solo quando gioca
l’Italia, tanto a livello
europeo e mondiale. Forse sarebbe più opportuno pensare a ciò, anziché cercare di prevalere su chi comunque, ci piaccia o meno, fa parte della nostra stessa terra e che senza il quale il Nord non esisterebbe: a voi le fabbriche e le grandi aziende, al Sud le menti e le braccia che fanno funzionare la vostra economia, e rendono
Milano la capitale economica dello stivale.
(Totò e Oriana Fallaci)
Ecco perché il virus ve lo siete beccati voi e non Napoli, nonostante, come qualcuno ha tenuto a sottolineare, a’ munnezza”, a’ camorra, i “vu cumprà”, i cinesi e gli immigrati. Noi lo sappiamo e voi?
A Napoli un detto antico recita:
“senza sorde nun se cantane messe” (senza soldi non si celebrano messe),
“senza o sud vuje che facite?” (senza il sud voi che fate?).
(di Nunzia D'Aniello)
Vittorio Feltri:«Basta ciucciare tanti quattrini dalle nostre tasche di instancabili lavoratori»
Stupefacente il titolo de la Repubblica di ieri:
"Italia, quanta fretta". Dopo due mesi di detenzioni, cosa mai successa a memoria di vivente, mi sembra normale che i reclusi ne abbiano piene le scatole, non tanto di stare barricati tra le mura domestiche, quanto di non poter lavorare e guadagnarsi il pane che inizia a scarseggiare.
Qui al Nord in particolare la gente è impaziente:
Non riscuote più lo stipendio, i piccoli risparmi familiari si sono esauriti, ovvio che punti a riprendere le proprie attività, questione di sopravvivenza. Non si tratta di correre in strada a suonare il
mandolino, bensì di tornare in fabbrica pur con tutte le protezioni che evitino nuovi contagi. Tra l' altro, in vari Paesi flagellati quanto il nostro dal virus si è ricominciato o si sta ricominciando a produrre sotto la spinta della necessità.
Non si capisce per quale motivo i compatrioti debbano essere accusati di avere le
fregole, cioè ansia di ripartire per la libidine di recarsi in cantiere o in ufficio. Queste sono fandonie spacciate per analisi sociologiche, mentre la realtà è che un popolo operoso e generoso quale quello settentrionale desidera soltanto rimpadronirsi delle proprie redini e continuare nella propria esistenza di persone perbene, non di gregari.
La mentalità corrente specialmente al Sud è nota:
Il Meridione è una terra affascinante e ricca di umanità, invece la
Pianura padana e le Prealpi sono abitate da uomini e donne che puntano solo al denaro, fregandosene degli stornellatori. Il loro Dio sono profitto e fatturato. Luoghi comuni, pregiudizi che rivelano una preoccupante mancanza di informazioni esatte oltre che di cultura autentica.
I "nemici" nostri però non devono esagerare, perché prima o poi i bollenti spiriti
bossiani rischierebbero una nuova edizione.
Monta a Milano, Bergamo, Brescia, Padova, Treviso eccetera la ribellione alla dittatura romanfoggiana.
Nelle succitate zone è sul punto di maturare la volontà di mandare al diavolo la capitale e dintorni, prende corpo la minaccia di non fornire più un euro agli spreconi che amministrano male lo
Stato. Il primo ad aver lanciato l' allarme è Fedriga, governatore leghista del Friuli, il quale ha dichiarato di tagliare l' invio nella Città eterna di qualsiasi contributo. Ha talmente ragione che a lui si sono uniti subito, nel nobile intento di fottersene del governo, il Trentino e l' Alto Adige.
Manca soltanto la Lombardia per creare una frattura tra le due Italie divise da una antipatia reciproca che si era sopita e che le polemiche sul virus hanno risvegliato in modo drammatico. Attenzione, manutengoli ingordi, a non tirare troppo la corda poiché correte il pericolo di rompere il giochino che fino ad ora vi ha consentito di
ciucciare tanti quattrini dalle nostre tasche di instancabili lavoratori. Noi senza di voi campiamo alla grande,
voi senza di noi andate a ramengo. Datevi una regolata o farete una brutta fine, per altro meritata.(LiberoQuotidiano.net)
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