Dopo il Coronavirus arriva la Legionella. Ecco perché rischiamo una nuova epidemia.
Una delle conseguenze dei provvedimenti normativi che hanno portato alle misure di contenimento e gestione dell'emergenza da Coronavirus è stata la sospensione o la forte riduzione nella frequenza e nella gestione di molti edifici o parti di essi, ad esempio luoghi di lavoro, scuole, alberghi, attività di ristorazione, centri sportivi e strutture turistico-recettive. Ed ora il rischio si chiama legionella. Il problema è che “la chiusura di edifici o parti di essi, il loro uso limitato o l’adeguamento/costruzione di edifici per ospitare malati o contatti di casi in quarantena conseguente alla pandemia COVID-19, se non gestita in modo adeguato, può aumentare il rischio di crescita di Legionella negli impianti idrici e nei dispositivi associati. Alcuni autori hanno evidenziato che il 20% dei pazienti COVID-19 avevano presumibilmente contratto una co-infezione da Legionella pneumophila avendo un titolo di anticorpi specifici IgM anti-Legionella positivo” fa sapere l’Istituto Superiore della Sanità. Cos'è la legionella La legionella è causata dal batterio chiamato legionella pneumophila presente principalmente in acque sorgive, fiumi, stagni, laghi, fanghi. Da questi ambienti può raggiungere le condotte locali e gli impianti idrici degli edifici dove prolifera. Si diffonde anche attraverso le docce e le vasche idromassaggio. Quando si contrae, si scatena nell’organismo una forma di polmonite chiamata polmonite interstiziale o “malattia dei legionari”. Si manifesta con disturbi respiratori, tosse, febbre, mal di testa, dolori muscolari, perdita d’appetito, problemi renali e diarrea. La guida dell'ISS per evitare l'infezione Per evitare che si verifichino casi di legionella alla riapertura degli edifici, in questi giorni l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato una guida dettagliata per contrastare questa infezione. Nel caso in cui la struttura in questione sia rimasta chiuso per più di un mese, bisogna applicare le seguenti misure: Verificare la corretta circolazione dell’acqua calda: la temperatura all’interno dell’accumulo o del boiler non deve essere inferiore a 60°C. Mentre quella misurata in corrispondenza del ritorno dagli anelli di ricircolo non deve scendere sotto ai 50°C; Verificare la temperatura dell’acqua calda: deve raggiungere un valore non inferiore a 50°C entro 1 minuto dall’apertura del terminale. La temperatura dell’acqua fredda non deve invece superare i 20°C dopo un flussaggio di 1 minuto; Massima igiene dei dispositivi sanitari: disinfettare periodicamente con cloro le cassette di scarico per WC, gli orinatoi; Attenzione ai residui di cloro: assicurarsi che i serbatoi di dell’acqua potabile contengano cloro residuo libero. Il valore consigliato è 0,2 mg/l. Invece le concentrazioni di disinfettante più elevati (1-3 mg/l) favoriscono la proliferazione di legionella; Monitorare costantemente le temperature: deve essere effettuato per almeno 48 ore dopo il riutilizzo degli impianti idrici. A tal fine bisogna prelevare dei campioni d’acqua. Se questi risultano negativi, i sistemi di acqua calda e fredda sono da considerarsi sotto controllo e l’edificio può essere riaperto. Fonte: Fanpage Leggi anche Coronavirus, dati regionali: il bollettino delude. Solo 16 regioni a zero contagi, altre 5 peggiorano. Ecco quali. Seguici su Facebook 41esimoparallelo