Dopo tanto parlarne, adesso il taglio alle pensioni è ufficiale. Gli assegni subiranno una limatura che potrà oscillare da un minimo dello 0,3% ad un massimo dello 0,7%: dopo mille discussioni ed un dibattito pubblico molto acceso è arrivata la firma sia del Ragioniere dello Stato che del Direttore generale delle politiche Previdenziali del Ministero del Lavoro. L'ufficialità arriva anche dal fatto che la decisione di tagliare le pensioni è apparsa anche in Gazzetta Ufficiale. Adesso non stiamo più scherzando: dal 1° gennaio sono stati rivisti i coefficienti di trasformazione degli assegni delle nostre pensioni. Ma soprattutto è stato rivisto il loro ammontare.

Taglio della pensione: la vita si allunga e l'assegno si riduce

Per quale motivo è stato decisa questa riduzione delle pensioni. Sono vari i fattori che hanno costretto a questa decisione: da un lato la speranza di vita ha generato un piccolo incremento; dall'altra la variazione demografica è stata insufficiente a far scattare un incremento del requisito d'età per le pensioni di vecchiaiama ha prodotto una limitata variazione dei parametri impiegati per il conteggio retributivo delle pensioni.

Fin qui stiamo usando enormi paroloni. Ma in termini molto semplici cosa starebbe accadendo? Tutti quelli che andranno in pensione nel 2021 dovranno tenere in considerazione che la quota contributiva del proprio assegno sarà leggermente inferiore a quelli che hanno smesso di lavorare quest'anno. Entrando un po' di più nel dettaglio, possiamo affermare che quanti hanno il retributivo fino al 2011 avranno un'impatto minimo nelle loro pensioni, ma sarà più evidente per quelli che hanno lavorato di più con il sistema contributivo puro o misto.

Diciamo chiaramente, comunque, che la revisione dei coefficienti di trasformazione non è una novità di quest'anno. E' stata la legge Dini ad istituire, nel 1995, il sistema contributivo: ogni due anni sarebbe dovuto scattare l'adattamento per spalmare la quantità di versamenti della carriera lavorativa di un lavoratore lungo la sua esistenza.

Pensione: tutto cambia e tutto si adatta

In estrema sintesi la pensione si adatta e si modifica in base alle statistiche. Nel caso in cui le statistiche parlassero di un aumento della sopravvivenza, la pensione (ovvero il suo importo annuale) è destinato a calare proporzionalmente. Si andrà, quindi, ad adeguare alle nuove aspettative di vita. Generalmente i coefficienti vengono modificati in base all'età. Dal prossimo anno (il 2021) quindi lasciare il proprio posto di lavoro a 57 anni comporterà un coefficiente pari a 4.186%, ossia l'equivalente di un divisore di circa 24. Questa cifra indica gli anni ipotetici nei quali sarà incassata la pensione. Rispetto al 2019 di che riduzione possiamo parlare? Di uno 0,33%

Nel caso in cui stessimo parlando di un lavoratore con 65 anni il discorso sarebbe diverso. In questo caso il coefficiente calcolato sarebbe pari a 5,22% ed un divisore di poco più di 19. L'assegno a questo punto sarebbe ridotto dello 0,48%. Nel caso in cui la persona andasse in pensione a 71 anni si potrebbe parlare di una percentuale che tocca il 6,466% e una variazione rispetto al 2019 pari a -0,72%. In estrema sintesi criterio risulta essere solo e soltanto tecnico e pensato appositamente per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale nel lungo periodo. Eppure, come abbiamo visto, c’è chi dovrà abituarsi all’idea di ricevere mini-tagli sul proprio assegno pensionistico.

Pensioni: chi ci rimetterà di più dai tagli?

Dispiace ammetterlo ma chi rimetterà di più, nell'andare in pensione, sono le persone che termineranno la propria vita lavorativa nei prossimi due anni. I calcoli di quanto andranno a perdere li abbiamo già fatti in precedenza. Come ci si può comportare per sperare di non essere danneggiati dal sistema? Al momento l'unica soluzione da adottare sarebbe quella di rimanere più a lungo al lavoro: come abbiamo visto in precedenza il coefficiente massimo si appica a quanti rimangono al lavoro fino ai 71 anni. Sappiamo bene che non sia possibile farlo a tutti, ma, matematicamente parlando, questa è l'unica via percorribile per non essere danneggiati. Stando le cose come sono oggi.

Il Governo deve sterilizzare subito gli effetti negativi che la caduta del Pil ha sulle Pensioni future - afferma  Domenico Proietti, segretario confederale della Uil -. Se da una parte la rivalutazione del montante contributivo dei futuri pensionati non può essere inferiore all'1%, a seguito delle modifiche del 2015, è altresì vero che eventuali differenze saranno recuperate negli anni successivi con effetti negativi sul futuro previdenziale dei lavoratori. Parallelamente gli effetti della crisi impatteranno anche sulla rivalutazione delle Pensioni in essere. Fonte: Trend Online

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