Tutto parte dai nuovi studi che mettono in relazione il coronavirus con i raggi ultravioletti: è in fase di bozza, infatti (in termine tecnico, preprint, disponibile a questo link), un documento che metterebbe in luce, è proprio il caso di dirlo, un’eccezionale scoperta ad opera di un gruppo di scienziati italiani, formati da medici e astrofisici.
Gli autori, sono ricercatori dell'Università degli Studi di Milano (Ospedale Sacco), dell’Istituto Nazionale dei Tumori e di quello di Astrofisica (INAF).
Il responsabile del team è il professor Mario Clerici, ordinario di immunologia e Direttore Scientifico della Fondazione Don Gnocchi. In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, egli ha risposto a numerose domande.
Ve ne proponiamo i 3 punti salienti:
1) gli scienziati hanno confermato che i raggi solari ultravioletti riescono ad annientare una carica virale molto elevata e in pochi secondi;
2) c’è correlazione tra epidemia di coronavirus e irraggiamento solare;
3) è ottimale la disinfestazione di ambienti chiusi con lampade a ultravioletti.
Alla luce di queste affermazioni, non sarebbe dunque il caldo a incidere diminuendo i contagi da COVID-19, bensì l'intensità della luce solare.
Tale ipotesi, tra l'altro, sembrerebbe confermata dal fatto che l'infezione si sta diffondendo in maniera molto forte in Paesi che, pur godendo di clima mite, si stanno trovando nel semestre invernale più buio e parimenti in aree tropicali siccitose la diffusione invece sembra estremamente ridotta.
In conclusione
Se tutto ciò venisse confermato, le goccioline (i famosi droplets) sarebbero neutralizzate dai raggi solari e dunque, all'aria aperta e sotto il sole contagiarsi sarebbe praticamente impossibile, rendendo inutile durante le ore diurne (specialmente nelle giornate di cielo sereno) sia l'uso delle mascherine, sia il distanziamento sociale.
I problemi gravi arriverebbero invece dopo il tramonto, proprio a causa dell'esaurimento della luce solare!(IlMeteo)
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