Il premier Mario Draghi, a quasi un mese dal suo insediamento non ha ancora pubblicato sul sito del Governo la dichiarazione dei patrimoniale.
Mario Draghi, dov'è la dichiarazione dei redditi?
Mario Draghi parla poco, preferisce i fatti alle parole, è nel suo stile. Di lui non si leggono virgolettati.
La conferenza stampa post Cdm nella quale è stato presentato l’ultimo Dpcm lui non c’era. Ha lasciato ai ministri Gelmini, Speranza, le luci della ribalta. Dopo l’abbuffata videosocialtv a canali e reti unificate del predecessore, Giuseppe Conte, un po’ di sobrietà non guasta.
Tuttavia,
come riporta Sabrina Fantauzzi sulla testata Labparlamento, una cosa è la sobrietà, un’altra è l’invisibilità. Sul portale del
Governo e per precisi obblighi di legge, il presidente del Consiglio deve pubblicare la dichiarazione patrimoniale nella quale i cittadini possono appurare il reddito, le proprietà, il possesso di partecipazioni societarie e azionarie.
Lo hanno fatto tutti. Tranne Draghi. A quasi un mese dal suo ingresso a Palazzo Chigi, quella pagina sulla trasparenza non è ancora stata aggiornata.
La voce: "Dichiarazioni patrimoniali e reddituali" è vuota, come si vede dalla foto.
E dire che i funzionari del governo sono sempre molto solerti nel chiedere gli adempimenti degli obblighi di legge. Ma in questo caso, nessuno li ha ancora ascoltati.
Eppure, durante il suo discorso d’insediamento, il presidente Draghi fece un passaggio estremamente chiaro sulla trasparenza della Pubblica Amministrazione: “La trasparenza – disse al Senato- è il presupposto logico. I cittadini devono poter far sentire la loro voce, è la base per la responsabilità; quindi, accesso alle informazioni, siano essi dati quantitativi o qualitativi".
"Questo consente ai cittadini di analizzare l’attività e i processi decisionali pubblici, il tutto in un virtuoso rapporto di collaborazione tra istituzioni e collettività amministrate, che veda rispettato il principio del coinvolgimento attivo della cittadinanza nelle scelte e riesca ad alimentare e consolidare la fiducia nelle istituzioni, ma anche il necessario controllo sociale”.
(di Sabrina Fantauzzi per Labparlamento.it).
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