“Io la chiamo estorsione”. Parole dure, forti quelle di Biagio Vallefuoco, ex poliziotto napoletano, diventato poi un imprenditore.
“Tutto mi aspettavo dalla vita, ma mai di essere tradito da quello
Stato che ho servito con tanto amore e dedizione, mettendo spesso a repentaglio non solo me stesso, ma anche la mia famiglia”.
Quando si presenta alla nostra redazione, Biagio è un fiume in piena. Nei suoi occhi c’è rabbia, delusione, sconforto e disperazione
“Non ce la faccio più, non so più cosa fare, ho bisogno di essere aiutato, ho bisogno di raccontare la mia storia affinché nessuno più subisca queste ingiustizie, questa estorsione. Se è vero come è vero – prosegue – che i giornali, i mass media sono la voce anche del popolo, vi prego di darmi voce”.
Ci accomodiamo e incomincia il suo racconto
“Questa è la storia di un uomo, che ha sempre creduto nella giustizia e di quella giustizia ne ha fatto il suo credo, indossando una divisa e prestando un giuramento solenne: cercare nel suo piccolo di fare del suo meglio, di fare di più.
Sono Biagio Vallefuoco, ex poliziotto, nato e cresciuto in questa terra e per questa terra ho dato tutto, fin da bambino, fin da ragazzo. Poi la vita o meglio qualcuno mi ha tirato un brutto tiro, sono vittima di un'estorsione.
C’è chi la definisce una disavventura, è stata ed è un’estorsione a tutti gli effetti
Un’estorsione fattami da un ente pubblico che, come tale dovrebbe tutelare i suoi cittadini e tutti gli imprenditori onesti come me, e invece mi sta mandando sul lastrico, io, la mia famiglia e quella di ben 250 dipendenti che a tutt’oggi lavorano nella mia azienda”.
Da ex poliziotto a imprenditore
“Ho abbandonato la divisa dopo ben vent’anni – spiega l’imprenditore – per seguire un’ambizione, un sogno, ma soprattutto per cercare di dare un futuro migliore non solo alla mia famiglia, ma alla mia città.
Ho sempre onorato il mio Stato e la divisa, l’ho lasciata per cominciare la mia nuova avventura, dopo aver lavorato alla squadra volante, all’Investigativa e ai Falchi di Scampia.
Sono un combattente, eppure, non mi sono mai sentito così solo e così inerme come in questi anni. Anni, sì, perché questo mio calvario, va avanti da ben due anni e non nascondo che sono stato più volte sul punto di mollare.
E se, poi, non l’ho fatto, è per mia moglie e i miei tre figli ed i miei nipotini, è in arrivo anche il quarto... e, soprattutto, per gli oltre duecento dipendenti che sono parte integrante della mia famiglia. Non ho timore a dirlo e non me ne vergogno, sono ancora in cura per depressione.
Ma ve lo immaginate voi, uno che ha fatto da scorta a Pertini, ridursi così?”
Il calvario
“Il mio calvario ha inizio 2 anni fa, esattamente il 25 novembre. Quando alla Fantastic Security Group Srl, specializzata nell’attività di custodia e sorveglianza non armata, giunge una comunicazione a mezzo posta certificata dall’Inps di Napoli, con un invito generico a sistemare un’irregolarità contributiva per un importo di circa 650mila euro.
Un ente statale mi chiede quasi 650 mila euro, dall’oggi al domani, bloccando l’attività e quindi impedendomi di lavorare e guadagnare. Perché a causa di questa “irregolarità” anche il mio DURC, ovvero il documento unico di regolarità contributiva che attesta la puntualità dei pagamenti ad alcuni enti tra cui l’Inps, risultava non conforme.
E senza quello la mia attività, io e i miei ragazzi eravamo tagliati fuori da tutto. Il Durc non è solo finalizzato alla repressione del lavoro nero e delle irregolarità assicurative e contributive, ma è indispensabile per la partecipazione alle gare pubbliche, che per noi sono vitali, è ciò che ci consente di lavorare.
In quel momento, mi crolla il mondo addosso – prosegue Biagio – Non solo non avevo la più pallida idea di cosa fossero quelle irregolarità di cui l’Inps di Napoli mi faceva debitore, ma non potevamo nemmeno lavorare per poterle adempiere.
E nel frattempo, come se non bastasse, arrivano, anche le prime sospensioni dei pagamenti da parte dei committenti per i lavori precedenti, in quanto risultavano problemi inerenti al mio DURC.
Da lì a poco sarebbe scoppiata l’emergenza Covid, durante la quale nonostante tutto ho sempre pagato gli stipendi ai miei dipendenti, grazie a tutti i risparmi che negli anni sono riuscito a mettere da parte”.
E ancora prosegue
“Vista la situazione ho attivato subito i miei legali per cercare di capire cosa stesse accadendo e cosa volesse in realtà l’Inps da me, perché nel mio cassetto previdenziale non risultava alcuna anomalia e soprattutto non hanno mai risposto alle mie Pec.
Solo quando mi reco di persona all’Inps riesco a comprendere qualcosa.
Incontro il dottor Raffaele Barisciano, direttore dell’Ufficio flussi contributivi, il quale finalmente mi svela il motivo all’origine di questo disastro.
Secondo l’Inps, alcune compensazioni da me operate tra crediti e debiti dal 2013 al 2019 risultavano “indebite”, a seguito della Risoluzione 140 dell’Agenzia delle Entrate che a quanto pare così aveva stabilito, ma attenzione solo in un tempo successivo. Quando io ho fatto quell’operazione non esisteva alcuna legge che me lo impedisse.
Non sto qui a raccontarvi questo calvario fatto di telefonate, incontri e veri e propri ricatti. Lo vedrete, vedrete tutto, ho un’intera documentazione che attesta come l’Inps di Napoli mi abbia ricattato e estorto denaro.
Il mio debito in due anni è arrivato a circa 900mila euro
Il tutto sempre in assenza di un conteggio, a riprova di quanto pretendevano e soprattutto facendomi ancora sbagliare e perdere tempo per la loro incompetenza. MI AVEVANO PROPOSTO UNA DILAZIONE per aiutarmi, per una cifra di 43 mila euro al mese. Faccio i salti mortali e pago le prime due rate, ma poi dovetti arrendermi, non ce la facevo, dove li prendevo tutti quei soldi?
Chiedo aiuto di nuovo all’Inps.
Non avevano la più pallida idea nemmeno loro di cosa fare, tanto da girare la mia pratica all’Agenzia delle Entrate, ma da loro ebbi un bel due di picche, perché risposta: NON E’ DI NOSTRA COMPETENZA.
Nel frattempo, non potendo partecipare alle gare pubbliche, non riesco nemmeno ad intascare quegli oltre quattrocentomila euro di pagamenti a me dovuti dai clienti per i lavori precedenti.
A quel punto, stanco e eluso da tutto e tutti, e soprattutto dopo la rivelazione che il mio debito, a detta dell’Inps è arrivato a superare il milione di euro, in accordo con i miei avvocati, faccio causa all’Inps e chiedo 47 milioni di euro di risarcimento.
Vista questa causa, l’Inps di Napoli mi richiede subito un appuntamento, si appalesa il direttore della sede di Napoli, il dottor Maddaluna.
Ed ecco il ricatto e l’estorsione:
Mi comunicano che per poter riavere il DURC devo rinunciare alla causa in corso e, che devo firmare insieme ad uno dei due legali che mi assistono un modulo di rinuncia e mi impongono una nuova rateizzazione di oltre 80 mila euro al mese.
Non sapevo che fare, non era da me arrendermi e soprattutto sottostare ad un ricatto del genere. Ma non avevo scelta. Da me dipendevano e dipendono non solo la mia famiglia ma quella di ben 250 dipendenti, miei figli.
Ho firmato, ho firmato tutto quello che dovevo. Ho rate di 80 mila euro al mese da pagare solo per poter avere la possibilità di lavorare. Un lavoro che come sancisce la nostra Costituzione è un DIRITTO.
Stavo crollando, poi mi sono detto che non è questo quello che merito e che meritiamo. Così ho provato a tutelarmi. Ho i filmati di ogni fase di quello che ho subito e che sto subendo, di questo ricatto e di questa estorsione. Ci sono nomi, cognomi, le facce. Ho anche presentato una denuncia alla Procura della Repubblica”.
L'appello
"Chiedo, ora, ad altri imprenditori, vittime come me, di contattarmi perché uniti si vince. Perché non si può mettere con le spalle al muro chi onestamente prova a dare un futuro non solo a se e alla propria famiglia, ma anche alla propria città.
Il mio sogno è sempre stato questo, indossai quella divisa vent’anni fa perché voleva aiutare gli altri. Ora vi chiedo aiutate me, aiutiamoci.
Queste cose non devono più accadere. Io non so per quanto tempo ancora reggerò, non so se riuscirò a pagare ogni mese questa enorme cifra, ma una cosa è certa, per i miei 250 figli, farò di tutto”. (di Nunzia D'Aniello)
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