"Non vedo mio figlio da un anno". Muore dopo una lunga malattia senza riuscire ad abbracciare il figlio di 12 anni per l'ultima volta
FROSINONE. E' il dramma di una donna, Lais, già segnata da un destino atroce che l'ha vista lottare per anni contro un brutto male rivelatosi poi fatale.
Se ne è andata così con quell'ultimo desiderio stroncato, non ascoltato dalla "giustizia italiana" che per l'ennesima volta ha perso tempo e non le ha concesso la possibilità di abbracciare per l'ultima volta il suo bambino.
Lo strazio di Lais
Una giovane mamma strappata alla vita da un tumore e morta tutta sola nella sua casa a Frosinone. La sua è una storia di amore e dolore, rabbia e delusione. Lais era un'insegnante, aveva 47 anni ed era mamma di due figli, Isabelle e il più piccolo di soli 12 anni. Decise di separarsi dal marito a causa delle violenze subite (l'uomo al momento è stato rinviato. giudizio per maltrattamenti), poi la vita si è accanita ancor di più contro di lei: scopre di avere un tumore. E così per evitare lo strazio del suo percorso curato oramai già segnato dall'inevitabile epilogo, decide di far passare più tempo a suo figlio 12enne col padre.
Secondo quanto deciso dal giudice il papà avrebbe dovuto portare il bimbo alla madre una volta al mese. Obbligo mai ottemperato dal genitore. Lais da un anno e mezzo non vedeva il suo bambino. Inutili tutte le istanze presentate dagli avvocati della 47enne nelle quali si chiedeva di prendere dei provvedimenti.
Questo l'ultimo messaggio di Lais al giudice tramite i suoi avvocati:
“Vorrei che I. (la figlia maggiore) rimanesse con me perché questo è il suo desiderio e deve essere rispettato, e vorrei che anche M. (il figlio più piccolo) rimanesse con me, perché è un suo desiderio, anche se io ho adesso delle difficoltà; anche perché è più di un anno che non vedo mio figlio”.
Ma il giudice prende tempo e Lais muore senza riuscire a salutare per l'ultima volta il suo bambino. Accanto lei durante la unga malattia al figlia maggiore Isabelle.
Una storia straziante
Portata alla luce dalle operatrici del Centro Anti Violenza ‘Fammi rinascere’ che l’hanno sostenuta fin alla fine: “Non ti hanno permesso di riabbracciare per l’ultima volta il tuo amato figlio, un dolore che ha aggravato ancor di più la tua salute cagionevole. E ora domandiamoci quanto dolore, oltre quella della malattia che gravava su di lei, possa esserci stato nel cuore di questa mamma che si è vista costretta nel limbo di un’attesa di una giustizia lenta che non ha tenuto in considerazione le sue condizioni psicologiche. Quelle di una mamma che voleva per l’ultima volta riabbracciare il proprio figlio”.
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