Il caso dello spyware Graphite prodotto da Paragon si allarga e travolge anche Roberto D’Agostino, direttore di Dagospia. Secondo quanto trapelato, il giornalista sarebbe stato sorvegliato per almeno cinque mesi. Una nuova ondata di perquisizioni e accertamenti tecnici è stata disposta dalla Procura di Roma, che ha messo sotto controllo i dispositivi mobili di altri sei soggetti ritenuti vittime dello stesso sistema di sorveglianza illecita.
Roberto D’Agostino ha commentato l’episodio con sarcasmo ma anche amarezza:
«Cronache dall’Italia all’olio di ricino: Dagospia finisce spiata».
Accertamenti su altri sei dispositivi: chi sono le vittime oltre a Roberto D’Agostino
Oltre al numero uno di Dagospia, i magistrati hanno disposto perizie tecniche su altri sei telefoni cellulari. Tra questi quelli di attivisti e giornalisti noti anche a livello internazionale. Tra loro, figura Eva Vlaardingerbroek, giornalista e opinionista olandese residente in Italia, che ha ribadito come il suo caso non sia legato solo a uno “scandalo italiano”, ma parte di un fenomeno di sorveglianza globale che ha coinvolto decine di personalità, tutte raggiunte da avvisi di sicurezza emessi da Apple.
L’inchiesta riguarda inoltre i membri dell’associazione Mediterranea: Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferrari, impegnati in operazioni di soccorso ai migranti nel Mediterraneo.
La replica di Paragon: “Chiedete al governo italiano”
Nel mezzo dello scandalo, arriva la replica ufficiale della società israeliana Paragon Solutions. L’azienda ha fatto sapere di aver interrotto ogni rapporto commerciale con l’Italia, in seguito a «sospetti di uso improprio del software Graphite, oltre i limiti previsti dal contratto». Paragon ha precisato che eventuali domande sulla sorveglianza andrebbero rivolte al governo italiano, in quanto unica autorità responsabile dell’uso del programma sul proprio territorio.
L’Ordine dei Giornalisti e Fnsi: “Serve verità immediata”
Durissima la reazione da parte dell’Ordine dei Giornalisti e della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, che in una nota congiunta hanno espresso solidarietà ai colleghi coinvolti e pieno appoggio all’inchiesta:
«Confidiamo che la magistratura possa rispondere rapidamente alle domande che ci poniamo da subito: quanti sono i giornalisti spiati? Chi li ha spiati? E soprattutto perché?».
Le due organizzazioni chiedono inoltre la massima trasparenza e protezione per il diritto all’informazione, sempre più minacciato da tecnologie intrusive e potenzialmente pericolose per la libertà di stampa.
Graphite: lo spyware che ha messo sotto scacco l’informazione
Graphite è uno spyware estremamente sofisticato, paragonabile per efficienza e invasività al famigerato Pegasus. Una volta attivato, consente di accedere da remoto a chiamate, messaggi, microfono, fotocamera e cronologia dell’utente. La sua diffusione ha generato preoccupazione in tutta Europa, con diversi Stati che stanno indagando sul suo impiego da parte di apparati governativi.
L’indagine in corso in Italia è destinata ad allargarsi ulteriormente. L’ombra dello spyware continua ad allungarsi su giornalisti, attivisti e operatori dell’informazione, in quello che ormai appare come uno dei più gravi casi di sorveglianza illegale dell’ultimo decennio.