Enzo Iacchetti Cartabianca scontro

Enzo Iacchetti esplode in diretta a È sempre Cartabianca: “Str**, ti prendo a pugni”

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Written by Redazione

17 Settembre 2025

La puntata di È sempre Cartabianca andata in onda sulla serata del 16 settembre 2025 è finita rapidamente nelle tendenze sociali per un confronto diventato ben presto scontro fra parole durissime e minacce rilegate all’indignazione. Protagonista inatteso della serata è stato Enzo Iacchetti: volto noto del teatro, della tv e conduttore storico di Striscia la notizia, intervenuto nello spazio dedicato alla crisi in Medio Oriente. Di fronte a lui, Eyal Mizrahi — esponente della comunità israeliana e presidente della Federazione Amici di Israele — ha respinto le parole di Iacchetti, e il dibattito è degenerato in un battibecco che ha costretto la conduttrice Bianca Berlinguer a gestire con difficoltà la diretta.

In pochi minuti il confronto ha assunto toni accesi: da una parte la denuncia di Iacchetti per le condizioni della popolazione a Gaza, dall’altra la contestazione dei numeri e delle affermazioni che il rappresentante filo-israeliano ha mosso contro l’attore. Quando Mizrahi ha definito Iacchetti con un epiteto carico di accusa politica — «fascista» — la reazione è stata immediata e fisica, almeno nel linguaggio: urla, insulti, e la frase che ha fatto il giro della rete — «ti prendo a pugni» — pronunciata da un Iacchetti furibondo, al punto da minacciare l’abbandono dello studio.

La dinamica dello scontro

La puntata era centrata sulle conseguenze del conflitto in Medio Oriente. Dopo servizi e testimonianze, lo spazio di approfondimento è diventato contraddittorio: Iacchetti ha preso la parola sostenendo che la situazione a Gaza costituisce un massacro ai danni di civili e, in certi passaggi, ha usato la parola “genocidio” per descrivere gli eventi. Di fronte a questa accusa politica e morale, Mizrahi ha obiettato la ricostruzione dei fatti e la validità delle cifre citate, attaccando l’attore e accusandolo di esprimere giudizi fuori contesto. L’escalation verbale è stata rapida: insulti incrociati, l’intervento della conduttrice per provare a riportare ordine, e lo spezzare della trasmissione con l’invito alla pubblicità.

Nel video, reperibile sul portale della rete che trasmette il programma, si vede bene la tensione salire: Iacchetti alza la voce, perde la calma e minaccia fisicamente l’altro ospite, mentre lo studio diventa un microcosmo di tensioni più ampie che la tv sta restituendo in modo crudo al pubblico.

Enzo Iacchetti Cartabianca

Perché l’episodio ha fatto così rumore

Tre elementi spiegano la risonanza dell’episodio. Primo: il tema — Gaza — è tra i più sensibili nel dibattito internazionale e nazionale. Ogni parola viene analizzata, contestata e strumentalizzata. Secondo: i protagonisti — un personaggio popolare e amato come Iacchetti e un rappresentante organizzato come Mizrahi — incarnano due visioni nette che polarizzano l’opinione. Terzo: la diretta televisiva non dà tempo di ripensare parole e toni; il pubblico vede tutto in tempo reale e il clip, montato e rilanciato, attraversa social e canali di informazione in poche ore.

La parola “genocidio” e il contesto internazionale

Nel corso dell’intervento Iacchetti ha richiamato il lavoro di gruppi di esperti e, in modo più ampio, il quadro che molte testate hanno descritto: cifre di vittime civili altissime, immagini di distruzione e accuse mosse da organismi di controllo internazionale. La parola “genocidio” quando entra nel discorso pubblico attiva reazioni fortissime: implica responsabilità penali internazionali, richiama alla memoria storie di massacri imprescindibili e spinge le istituzioni a risposte politiche nette. Per questo il suo uso, soprattutto in televisione, genera immediatamente contraddittorio e, come si è visto, scontri accesi.

L’irruenza del linguaggio in diretta

La scena ha sollevato anche un dibattito interno sulla correttezza del linguaggio in diretta. La televisione ha regole — implicite ed esplicite — che tendono a privilegiare il confronto civile: il dovere del giornalismo è informare, mettere a confronto le versioni e cercare fonti. Ma quando la tensione emotiva aumenta, l’equilibrio si spezza. Le urla, gli epiteti e le minacce non sono solo violazioni di stile: rischiano di normalizzare un linguaggio che, nel pubblico, può diventare emulativo o esasperante.

Enzo Iacchetti Cartabianca
Enzo Iacchetti

La gestione della conduttrice e della regia

Bianca Berlinguer, alla guida del programma, ha dovuto mediare tra espressioni forti e la necessità di mantenere la trasmissione nei binari della correttezza. La scelta di interrompere e mandare la pubblicità è stata dettata non solo dalla necessità tecnica di riequilibrare lo studio, ma anche da ragioni di responsabilità editoriale: spezzare la tensione, riorganizzare il contraddittorio, evitare che la lite degenerasse ulteriormente. È una dinamica che si ripete nei programmi di approfondimento: quando il confronto diventa scontro, la regia interviene per limitare i danni.

Reazioni sui social e immediate conseguenze mediatiche

Il clip dello scambio è stato caricato e rilanciato da più testate e account social. In poche ore si è venuto a creare un dibattito poliedrico: chi ha difeso Iacchetti per il coraggio di esporsi, chi ha condannato la sua perdita di controllo, chi ha criticato Mizrahi per la durezza dell’accusa e la non disponibilità al contraddittorio. Alcuni utenti hanno chiesto scuse, altri hanno usato l’episodio per rafforzare le proprie posizioni rispetto al conflitto.

La condivisione virale di spezzoni di trasmissioni d’approfondimento è ormai una prassi: il commento si stacca dall’impianto originario e costruisce narrazioni parallele, spesso più schematiche e radicali di quanto lo scambio integrale potesse restituire.

Il profilo di Enzo Iacchetti: perché la sua parola pesa

Enzo Iacchetti non è un opinionista qualsiasi. La sua carriera nel mondo dello spettacolo e del varietà lo ha reso un volto popolare e, per molti, una voce credibile quando parla di temi sociali. Negli ultimi anni Iacchetti si è speso pubblicamente su più crisi e temi politici, spesso assumendo posizioni nette. Questo peso reputazionale amplifica ogni sua parola: quando Iacchetti parla di “genocidio”, non è un commento come tanti, ma una dichiarazione che, per la sua visibilità, forza il dibattito pubblico a misurarsi.

Il profilo di Eyal Mizrahi e il contraddittorio

Eyal Mizrahi, come rappresentante della Federazione Amici di Israele, porta in studio una posizione chiara e organizzata: quella di difesa delle ragioni dello Stato ebraico, della legittimità delle sue azioni belliche e della necessità di contestualizzare le cifre e le responsabilità. Il suo intervento non è stato solo personale ma istituzionale: rappresenta una narrazione alternativa che non ammette né semplificazioni né affermazioni non corroborate. La contrapposizione tra un volto dello spettacolo e un portavoce politico-organizzativo crea una dinamica potenzialmente esplosiva.

Quali lezioni trarre per la televisione e il dibattito pubblico

Lo scontro consegna alcune lezioni chiare: la prima è che i temi internazionali caldi richiedono preparazione, fonti e un contraddittorio che non degeneri in rissa. La seconda è che i conduttori e le redazioni devono predisporre regole di ingaggio e tempi di parola che consentano un confronto fermo ma civile. Infine, la terza è che la gestione della crisi comunicativa — come la tempistica della pubblicità e le precisazioni in sovrimpressione — può limitare i danni reputazionali e ricondurre il dibattito alla dimensione dell’informazione.

La puntata di È sempre Cartabianca ha offerto, in poche battute, la fotografia di come il conflitto internazionale entri nelle case degli italiani non solo attraverso cronache e servizi, ma anche per mezzo di scontri personali che rischiano di sostituire l’analisi con l’emozione. L’episodio con Enzo Iacchetti ed Eyal Mizrahi rimarrà a lungo come esempio di quanto possa diventare fragile il confine tra informazione, opinione e spettacolo. Resta la domanda di fondo: come continuare a discutere delle tragedie contemporanee senza trasformarle in risse pubbliche? È una sfida che riguarda le redazioni, i conduttori e il pubblico stesso.

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