Un Mondiale iniziato con grandi aspettative, una serata storta, un confronto acceso tra padre e figlia ripreso dalle telecamere: così è nato il caso che ha coinvolto Larissa Iapichino e il papà-allenatore Gianni Iapichino durante le qualificazioni del salto in lungo ai Mondiali di Tokyo 2025. Nelle ore successive l’attenzione si è spostata dalle pedane alle parole: Franco Bragagna, storica voce dell’atletica in Rai, ha commentato a freddo la scena con un invito diretto al padre-coach: “Così non si fa. Chiedile scusa”.
Tra titoli, rilanci social e rumor, però, alcuni dettagli si sono confusi. Ripartiamo dai fatti, rimettendo in ordine cosa si è visto, cosa è stato detto e che cosa significa per un’atleta di 23 anni che arriva ai Mondiali da campionessa europea indoor, primatista stagionale italiana e fresca vincitrice della Diamond League.
Le qualificazioni: quei quattro centimetri che pesano come macigni
Il formato è quello classico: alle finali accedono le prime 12 della qualificazione (o chi supera l’eventuale misura-standard). Per Larissa la gara non va come nelle ultime uscite stagionali: arriva un 6,56 che non basta per restare tra le migliori e si trasforma nella misura-chiave di una serata difficile. Per capire il peso di quel numero basta un raffronto: l’asticella implicita per entrare tra le 12 si assesta attorno ai 6,60. Quattro centimetri: un nulla tecnico che, ai livelli del lungo femminile mondiale 2025, è uno scarto cruciale.
L’azzurra si presenta poi ai microfoni “sotto shock”, parlando chiaramente di un “incubo” e scegliendo—con maturità—di rimandare l’analisi a mente fredda. Sono parole che raccontano bene la frattura tra attese e realtà: arrivava a Tokyo da protagonista, e l’impatto emotivo di un’eliminazione precoce è forte.

La scena in diretta: cosa si vede e cosa non si sente
Subito dopo la prova, le telecamere indugiano sull’area tecnica. Si vede Gianni Iapichino reagire con durezza, da padre-allenatore che vive la frustrazione del momento. Le immagini mostrano un scambio a distanza ravvicinata con Larissa, appoggiata alle transenne, visibilmente provata. È qui che nasce la narrazione della “lite”: il battibecco esiste, lo si vede; ciò che non si coglie con nettezza—per chi guarda da casa—sono tutte le parole pronunciate in quel frangente. L’audio ambientale, infatti, non restituisce un dialogo pulito.
Questo non attenua l’impatto della scena: resta l’evidenza di un momento di frizione esposto al pubblico mondiale. Ma serve a ricordare che non tutto ciò che è successo si può estrarre dai labiali o da una clip strappata al flusso televisivo.
“Chiedile scusa”: di chi è davvero quella frase
Nelle ore successive circola con forza il virgolettato “Chiedile scusa” rivolto a Gianni Iapichino. Qui è essenziale distinguere: non è una frase di Larissa al padre; è, invece, l’invito pubblico di Franco Bragagna, un commento “da collega genitore” sul come e quando esprimere una reazione così dura alla figlia-atleta, davanti alle telecamere.
Il senso dell’appello di Bragagna è chiaro: si può essere esigenti, si può essere delusi, ma in quel preciso frangente—una 23enne in lacrime, appena eliminata—la priorità è proteggere la persona, prima che l’atleta. Non è un processo alle intenzioni di Gianni: è un richiamo alla forma (i tempi, i toni, il contesto) perché la tv amplifica tutto e il confine fra spinta educativa e umiliazione pubblica può diventare sottilissimo.

Stagione 2025 di Larissa: perché l’eliminazione sorprende così tanto
Per comprendere la carica emotiva dell’episodio bisogna guardare al curriculum recentissimo di Larissa. La sua è stata una stagione che ha fatto alzare l’asticella delle aspettative:
- 31 maggio, Palermo: vola a 7,06, performance che certifica il salto di qualità tecnico e mentale.
- 8 marzo, Apeldoorn (Europei indoor): oro con 6,94 in una finale di altissimo livello.
- Fine agosto, Zurigo: vince la Diamond League Final con 6,93, superando avversarie di rango.
Con questi riferimenti, l’eliminazione a 6,56 sembra fuori sincrono rispetto alla sua linea stagionale. Ma l’atletica—specie il lungo—è una disciplina di millimetri: cambia il vento, cambia il ritmo della rincorsa, si “perde” qualche centimetro in battuta e una misura “normale” diventa impossibile da raccogliere. La tecnica del lungo vive di precisione al limite: un arrivo in asse sbagliato di 5–10 cm può “mangiare” decimi di metro.
Tecnica e psicologia: quando il millimetro si somma alla testa
I salti in lungo sono un equilibrio di automatismi (rincorsa, postura, stacco) e stato mentale. Una prima prova non convincente può innescare una catena: si forza la rincorsa, si “strappa” lo stacco, si tira il freno per non pestare rosso. E nel tentativo di “rientrare nella gara” si rischia di perdere naturalezza. In un Mondiale, dove l’asticella emotiva è altissima, basta poco per girare dalla parte sbagliata.
Ecco perché il supporto a caldo da parte del team—allenatore e famiglia—diventa determinante: la parola giusta, il gesto, anche il silenzio. In quell’istante Larissa aveva bisogno, prima di tutto, di “atterrare” emotivamente. La scelta di non parlare della lite e di chiedere tempo per analizzare con lucidità è un segnale di maturità sportiva.
Padre e allenatore: un doppio ruolo che chiede regole chiare
La figura del genitore-coach è complessa. Ha punti di forza: fiducia totale, comprensione profonda della persona, disponibilità 24/7. Ma porta con sé rischi: confusione dei ruoli, sovraccarico emotivo, possibilità di “trascinare” a casa la tensione del campo.
Nel caso Iapichino, il legame familiare si incrocia con ambizioni altissime: Larissa non è “solo” un talento, è la figlia di Fiona May—icona della specialità—e di un ex atleta e allenatore come Gianni. È inevitabile che aspettative e proiezioni pesino. Proprio per questo è utile avere regole condivise:
- Tempi dell’analisi (non a caldo, non davanti alle telecamere).
- Toni (mai delegittimare, mai confondere l’errore con la persona).
- Spazi (la pedana è di Larissa: l’allenatore guida, ma non invade).
Quando la forma salta, si rischia di bruciare ciò che di buono la relazione padre-coach può dare.

Il riflesso nei media: dalla pedana al trend topic
In epoca di clip e rilanci social, un momento di tensione diventa narrazione dominante in poche ore. Così è stato: la gara è passata in secondo piano, mentre le timeline si riempivano di frame, meme e commenti sulla “scena padre-figlia”. È la logica del nostro tempo: il confine privato/pubblico è sottile, specialmente per figure amatissime come Larissa.
Qui la correzione del frame è doverosa: l’episodio non definisce né la persona né la carriera. È un istante, da contestualizzare in una stagione di altissimo livello. Trasformarlo in etichetta (“Larissa contro il padre”) sarebbe ingiusto e poco utile anche per chi, come i tifosi dell’atletica italiana, sogna di rivederla presto sul podio mondiale.
Il “senno di poi” e la finale: perché il rammarico cresce
Il podio della finale—Davis-Woodhall oro con 7,13, Mihambo argento 6,99, Linares bronzo 6,92—ha alimentato il rammarico. Larissa 2025, nei suoi giorni buoni, “vede” quelle misure. Questo non significa che il bronzo fosse “in tasca”: nessuna medaglia è scontata ai Mondiali. Ma spiega perché, a caldo, l’Italia dell’atletica abbia vissuto la sua eliminazione come un’occasione mancata. È un rammarico agonistico, non un atto d’accusa.
Se c’è una cosa che questo episodio ha insegnato è l’importanza di scegliere bene tempi e luoghi. Una parola di scuse del padre-coach—non per il contenuto, ma per la forma e il momento—potrebbe sfiammare la discussione pubblica, ricucire le percezioni e restituire centralità all’atleta.
Poi servirà un confronto vero, lontano dalle telecamere, fra allenatore, atleta (e, se utile, la struttura federale) per trasformare il “caso” in protocollo: come si gestisce una serata no, quali messaggi passare, quando parlare e quando tacere.
Larissa oggi: 23 anni e un orizzonte intatto
A 23 anni, con un oro europeo indoor, una vittoria in Diamond League e un PB a 7,06, Larissa Iapichino ha tutto per restare a lungo nell’élite mondiale. La serietà con cui ha scelto di non dire parole di troppo a caldo e la consapevolezza di dover “riguardare la gara con calma” sono indizi di una testa già molto professionale.
Il lungo è una disciplina che premia la continuità: la vera risposta non sarà in un post o in un titolo, ma nella prossima rincorsa. Se l’episodio servirà a rendere più solido il perimetro relazionale nel suo team, paradossalmente questa ferita potrà diventare cicatrice utile.

E Gianni Iapichino? Il passo che fa la differenza
Nel ruolo di padre-coach la leadership non è solo tecnica: è anche educativa ed esemplare. Un allenatore di talento sa correggere un appoggio; un padre-allenatore sa proteggere la persona anche quando l’errore brucia. Il passo avanti, qui, è pubblico e privato insieme: un messaggio chiaro (anche mediatico) su come si stanno ristabilendo i confini e un lavoro quotidiano, lontano dai riflettori, per gestire meglio i momenti di crisi.
Nessuno mette in discussione la competenza di Gianni né il ruolo che ha avuto nella crescita tecnica di Larissa. Si tratta di aggiornare la grammatica della relazione in funzione del livello—altissimo—a cui la figlia è arrivata.
L’insegnamento per tutti: il talento va abbracciato, non incalzato a vista
Questa storia parla a tante famiglie dello sport. Il talento non è un salvacondotto contro le serate storte: va coltivato e, quando serve, abbracciato. La cultura dell’errore non si cambia urlando: si cambia preparando atleti e staff a gestirlo, decidendo che certi confronti non avvengono davanti a una camera.
Per Larissa e per il suo team è il momento di scegliere: trasformare una pagina sgraziata in manuale di comportamento. Se lo faranno, il caso Tokyo 2025 resterà una parentesi, non un’etichetta.
La lite ripresa in tv è un fotogramma di una serata nata male e finita peggio. Le parole di Bragagna—per alcuni dure, per altri necessarie—hanno il merito di riportare il discorso su un piano etico e relazionale: la persona prima dell’atleta.
La verità sportiva è più semplice: in pedana, nel 2025, Larissa Iapichino ha dimostrato di valere misure da medaglia. A Tokyo ha sbagliato serata. Capita ai migliori. Il resto è gestione: scusarsi quando serve, parlarsi davvero, ripartire. Le pedane che contano non mancheranno.