📍 Luogo: Senago
Emergono dichiarazioni sconcertanti dall’atto d’appello della difesa di Alessandro Impagnatiello, l’ex barman condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Tramontano e del figlio che la giovane portava in grembo. I suoi avvocati chiedono di escludere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, sostenendo che l’imputato «non voleva uccidere Giulia, ma soltanto provocare l’aborto». Il nuovo processo si aprirà mercoledì 25 giugno, e potrebbe già concludersi con una sentenza di secondo grado.
Nel documento di 25 pagine, l’avvocata Giulia Geradini ricostruisce gli ultimi momenti di vita della giovane, avvenuti il 27 maggio 2023, tentando di offrire una lettura alternativa dei fatti. Impagnatiello spinto ad agire dalla volontà di mantenere l’immagine perfetta che aveva costruito, finendo travolto dalle bugie che lo legavano a due relazioni parallele.
Il ruolo della gravidanza e le «bugie» dell’imputato
Secondo la difesa, l’uomo non avrebbe premeditato l’omicidio ma travolto dagli eventi, in particolare dal confronto tra le due donne della sua vita, avvenuto proprio davanti al suo posto di lavoro. Questo avrebbe rappresentato il crollo definitivo del castello di bugie che aveva costruito per anni.
Il punto centrale della tesi difensiva è che Impagnatiello non avrebbe mai voluto uccidere Giulia Tramontano, ma solo provocare l’interruzione della gravidanza. A sostegno di questa versione, citata la somministrazione del topicidamesi prima del delitto, accompagnata da ricerche online concentrate – secondo la difesa – sul feto, e non sulla madre. Il bimbo mai nato, Thiago, per lui era «un ostacolo per la sua carriera, la sua vita e la relazione».
Per la difesa non c’è crudeltà: «Giulia Tramontano non si è resa conto»
Anche l’aggravante della crudeltà contestata. La difesa sostiene che Giulia sarebbe stata colpita alle spalle, senza avere il tempo di reagire né di comprendere la gravità della situazione. «Se si fosse resa conto, avrebbe cercato di difendersi» – si legge nel documento – «e il suo corpo avrebbe mostrato segni evidenti di difesa». Da qui l’argomentazione secondo cui la vittima non avrebbe avuto consapevolezza della morte sua e del figlio.
Impagnatiello, secondo i suoi legali, non avrebbe agito con metodo o lucidità: avrebbe acquistato benzina dopo l’omicidio, comprato un carrello per trasportare il cadavere solo il 30 maggio, e avrebbe lasciato tracce evidenti, come la confezione di veleno visibile in casa. Tutti elementi che, secondo la difesa, dimostrerebbero l’assenza di pianificazione.
Attenuanti richieste: «Si è pentito e ha collaborato»
Nel tentativo di ottenere una pena inferiore, l’avvocata Geradini chiede anche il riconoscimento delle attenuanti generiche, sottolineando come Impagnatiello abbia mostrato pentimento nei confronti della famiglia della vittima e non si sia sottratto a un «lungo e articolato esame» durante il processo di primo grado. Viene inoltre evidenziato come l’imputato abbia riconosciuto la gravità delle sue azioni e ammesso le proprie fragilità psicologiche.
A rappresentare l’accusa nel processo d’appello sarà la sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri. La famiglia di Giulia Tramontano, invece, attende giustizia per l’ennesima volta, a fronte di dichiarazioni che – per l’opinione pubblica – rischiano di aggiungere ulteriore dolore alla tragedia.