📍 Luogo: Trieste
La rivelazione di un tecnico dell’obitorio potrebbe cambiare gli equilibri dell’inchiesta sulla morte della 63enne triestina. Il marito resta indagato per omicidio.
“Potrei aver procurato io quella frattura alla vertebra della signora Liliana Resinovich”. A pronunciare questa frase, destinata a riaprire clamorosamente il dibattito sul misterioso caso della 63enne triestina scomparsa nel dicembre 2021, è stato il preparatore anatomico presente all’autopsia svolta l’11 gennaio 2022. La frattura vertebrale, finora ritenuta un potenziale segno di violenza pre-mortem, potrebbe dunque essere stata provocata post-mortem, durante le operazioni in sala anatomica.
Il giallo di Liliana Resinovich: una verità ancora lontana
Il caso di Liliana Resinovich continua a far discutere a distanza di oltre due anni. La donna era scomparsa da Trieste il 14 dicembre 2021 e il suo corpo fu ritrovato venti giorni dopo nel parco dell’ex ospedale psichiatrico. Solo di recente il marito, Sebastiano Visintin, è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio.
Il colpo di scena: la confessione del preparatore
Secondo quanto riportato da Il Piccolo, un giovane preparatore anatomico triestino si è presentato spontaneamente agli inquirenti affermando di non poter escludere che la frattura rinvenuta sulla faccetta superiore sinistra della vertebra toracica T2 sia stata causata da una manovra eseguita sul corpo durante le fasi di preparazione all’esame autoptico.
Questa lesione era stata identificata nel corso della seconda autopsia sui resti della donna e ritenuta inizialmente compatibile con una violenza subita in vita.
Gli attriti tra difesa e consulenti
La frattura in questione è stata sin da subito al centro di un confronto acceso tra le parti. I consulenti della famiglia Resinovich la considerano una possibile prova di un’aggressione. Al contrario, la difesa del marito Visintin ha più volte sostenuto che la lesione potesse essere successiva al decesso, forse causata durante il ritrovamento o la manipolazione del cadavere.
La nuova dichiarazione del preparatore anatomico potrebbe dunque rafforzare questa seconda ipotesi, cambiando l’orientamento dell’indagine.
Il caso Liliana Resinovich si arricchisce così di un nuovo e decisivo elemento, mentre gli inquirenti si preparano ad ascoltare formalmente il preparatore nei prossimi giorni. La frattura vertebrale, finora considerata una possibile prova dell’omicidio, potrebbe rivelarsi il frutto di un tragico errore tecnico. Ma in attesa di risposte definitive, il mistero resta fitto.