Il piccolo Mattia, morto per un tumore al cervello

Mattia muore a 8 anni per un tumore al cervello: al papà i colleghi donano 623 giorni di ferie

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Written by Redazione

9 Settembre 2025

📍 Luogo: San Donà di Piave

Era giugno del 2024 quando i medici consegnarono ai genitori di Mattia Del Prete una diagnosi devastante: il loro bimbo di appena 8 anni era affetto da un tumore al cervello in una posizione inoperabile. Quel male era già apparso con frequenti mal di testa, indebolendo giorno dopo giorno il sorriso del bambino. Da allora iniziò una corsa contro il tempo: esami, visite, tentativi, con la consapevolezza che le probabilità erano drammaticamente limitate.

Una famiglia che non si arrende

Valeria, madre operatrice socio-sanitaria, e Gabriele, autista presso l’azienda di trasporti Atvo dal 2015, non hanno puntato né su rassegnazione né su silenzio. Hanno cercato neurochirurghi, raccolto opinioni, attentamente valutato ogni possibile via: hanno voluto tentare tutto, fino all’ultimo giorno, per onorare la forza di Mattia.

Il dono dei colleghi: fermare il tempo con un click

Mentre la malattia avanzava, anche le ore dell’autista, tra turni e arrivi a lavoro, diventavano un bivio tra l’obbligo del dovere e il bisogno assoluto della presenza accanto al figlio. Qui è intervenuta la comunità collettiva: i colleghi di Gabriele, così vicino all’indegno dolore, decisero di donargli un bene prezioso—il tempo. Attraverso una banca ferie interna, ognuno partecipava: «C’era chi donava 2 o 3 giorni, chi anche 10». Il risultato? 623 giorni di permesso che permisero al padre di vivere quel tempo con Mattia, senza incombere sulla carriera o sulle difficoltà economiche.

Il dramma della perdita e il vuoto dell’assenza

Purtroppo, il tumore non lasciò pace, e dopo un anno e mezzo di lotta, Mattia si è spento. Se ne è andato tra le mura dell’ospedale pediatrico di Padova, circondato dall’amore dei genitori e, simbolicamente, dal pensiero e dalla solidarietà concreta di tutta una comunità di lavoro.

Un’eredità di umanità

Mentre il dolore resta immenso, è impossibile ignorare la potenza di un gesto: donare giorni di vita — tempo libero — per consentire a un padre di accompagnare il proprio figlio fino all’ultimo respiro. Ciò che resta è una storia di solidarietà visibile, fatta di abbracci, di turni coperti, di giorni di lavoro sacrificati.

Carterchina per la speranza e il ricordo

San Donà di Piave, la città dell’azienda Atvo, custodisce oggi il ricordo di quel ragazzo. Mattia — e la sua famiglia — hanno lasciato un’eredità indelebile: parlare di tumore infantile non solo come tragedia, ma come occasione di comunità. In un piccolo gesto si incarna l’empatia, il prendersi cura, il desiderio di raccontare storie che abbiano valore diverso anche nel lutto.

Il tempo donato come valore estremo

Questa storia, spezzata da un tumore implacabile, non è solo una cronaca di dolore, ma un insegnamento sull’umanità possibile quando la società — colleghi, amici, comunità — decide di essere accanto, non per un giorno solo, ma fino a quando serve. E quell’amore, mostrato in ferie donate, diventa memoria collettiva, un invito a riflettere sulle nostre priorità, sui nostri gesti. Perché, nei giorni più bui, solo la luce degli affetti donati può ancora illuminare.

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