📍 Luogo: Vicenza
Una vicenda dai contorni tragici e delicati scuote la provincia di Vicenza, dove una coppia di 50enni è stata indagata per omicidio volontario in relazione alla morte del proprio figlio tredicenne, malato di cancro. Secondo la ricostruzione della Procura della Repubblica di Vicenza, i genitori avrebbero ritardato l’inizio della chemioterapia, impedendo così al giovane di ricevere cure salvavita. Ora rischiano di finire a processo con una delle imputazioni più gravi previste dal codice penale.
Vicenza, le indagini partite prima della morte del ragazzo
Il caso era già attenzionato dai servizi sociali quando il 13enne era ancora in vita. Le segnalazioni, trasmesse alla magistratura minorile di Venezia, hanno avviato un primo filone d’indagine, successivamente passato alla procura ordinaria di Vicenza. Il ragazzo, nel frattempo, era stato ricoverato presso l’ospedale San Bortolo di Vicenza, dove è deceduto all’inizio dello scorso anno. Una consulenza medico-legale disposta dalla procura avrebbe confermato l’assenza di terapie adeguate nella fase iniziale della malattia.
Il consulente, incaricato di analizzare il percorso clinico del giovane, ha evidenziato che le cure oncologiche prescritte non sarebbero state tempestivamente somministrate. Questo elemento è risultato cruciale per l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, formulata dai magistrati dopo aver ascoltato i genitori e raccolto ulteriori riscontri clinici e testimoniali.
La difesa: “Una tragedia umana, non un crimine”
I genitori, assistiti dagli avvocati Lino e Jacopo Roetta, si difendono sottolineando che non c’è stato alcun intento volontario di nuocere al figlio. I legali definiscono la contestazione come “un’enormità”, spiegando che si tratta di un dramma umano e non di un reato doloso. “Questi genitori vivono già una pena che nessun tribunale potrà aggravare. Stanno scontando il proprio ‘ergastolo’ da quando il figlio è morto”, hanno dichiarato in una nota.
Secondo la difesa, i rilievi della procura si basano soprattutto sul ritardo nell’avvio della chemioterapia, non su un rifiuto netto e assoluto delle cure. “Valuteremo attentamente le carte per capire l’esatta portata delle accuse – concludono i legali – ma contestare l’omicidio volontario in un contesto simile ci sembra profondamente ingiusto.”
Vicenza, un caso che solleva questioni etiche e giuridiche
La vicenda pone al centro questioni complesse sul confine tra responsabilità genitoriale, libertà di scelta terapeutica e tutela del minore. Se confermate, le accuse aprirebbero uno scenario giuridico senza precedenti, con un possibile processo basato sull’omissione di cure ritenute essenziali per la sopravvivenza di un minore. Intanto, la comunità locale è sconvolta da una storia che unisce dolore, incomprensioni e possibili errori fatali.