Sara Campanella e Stefano Argentino
Sara Campanella e Stefano Argentino

Sono passate poco più di due settimane dall’efferato omicidio di Sara Campanella, la studentessa 22enne di Messina uccisa brutalmente nei pressi dell’Università. Per quel delitto si trova in carcere Stefano Argentino, 26 anni, collega universitario della vittima e reo confesso. Un gesto di follia scatenato, secondo quanto emerso, dal rifiuto di Sara nei confronti dell’uomo che si era invaghito di lei. Oggi, a parlare è il suo legale, Giuseppe Cultrera, che ha assunto la difesa del giovane pochi giorni fa e che ha rilasciato dichiarazioni significative sullo stato mentale del suo assistito.

Primo colloquio con il legale: «Non riesce ancora a parlare chiaramente dell’omicidio»

L’avvocato Cultrera ha incontrato per la prima volta Stefano Argentino in carcere. Un incontro definito conoscitivo, nel quale non si è voluto entrare nel merito delle indagini. «Non volevo turbarlo o compromettere una possibile futura confessione», ha dichiarato. Durante il colloquio, Argentino ha mostrato evidenti segni di turbamento: è consapevole di ciò che ha fatto, anche se fatica a nominarlo esplicitamente, definendo l’omicidio solo come “quello che è successo” o “il fattaccio”.

«Non chiederò l’assoluzione, ma una perizia psichiatrica»

Cultrera ha chiarito fin da subito la linea difensiva: «Non cercherò l’assoluzione per Stefano Argentino». Tuttavia, ha sottolineato l’importanza di una perizia psichiatrica o psicologica per accertare se il giovane soffra di disturbi mentali. Il legale ritiene che il comportamento di Stefano, la sua fragilità emotiva e le sue continue minacce di suicidio siano segnali di un disagio profondo, forse preesistente al delitto.

Tentativi di suicidio e disagio psichico: «Non gli danno neanche una penna»

Nel carcere, Stefano Argentino è sottoposto a un regime di media sicurezza, pensato principalmente per tutelare la sua incolumità. Continua a manifestare l’intenzione di togliersi la vita e ha raccontato di aver confidato alla madre, il giorno dell’omicidio, la volontà di farla finita. Ha anche parlato di problemi universitari e di una percezione costante del fallimento della propria vita. «È un ragazzo con un disagio evidente, forse legato a situazioni familiari o mancanza di autostima. Ma servirà una perizia per comprendere se si tratti di un disturbo psichiatrico vero e proprio», ha spiegato Cultrera.

Proseguono le indagini: ancora da trovare l’arma del delitto

Nel frattempo, le indagini proseguono. I carabinieri del Ris di Messina hanno analizzato un coltello ritrovato nei pressi della scena del crimine, ma l’arma non presenta tracce ematiche. Argentino, anche durante il colloquio con il legale, non ha fornito informazioni utili al riguardo. Gli inquirenti hanno sequestrato anche i vestiti del giovane, trovando tracce di sangue. Si attendono ora gli esiti delle analisi sui cellulari di Stefano, della madre e del padre.

Famiglie distrutte e domande senza risposta

La tragedia ha sconvolto due famiglie. Se da un lato c’è il dolore incalcolabile della famiglia Campanella, dall’altro c’è lo smarrimento dei genitori di Stefano Argentino. La madre, secondo quanto riferito dal legale, è scossa e piena di sensi di colpa. «Mi chiede continuamente se ci fosse qualcosa che avrebbe dovuto notare. Ma è troppo presto per avere risposte», dice Cultrera. Gli inquirenti, infatti, stanno cercando di capire se vi fossero segnali premonitori del disagio del ragazzo e se i genitori ne fossero consapevoli.

Obiettivo della perizia: capire la capacità di intendere e volere

L’avvocato Cultrera è fermo nella sua posizione: Stefano Argentino dovrà pagare per quello che ha fatto, ma occorrono le condizioni giuridiche per stabilire con certezza il suo stato mentale. La perizia psichiatrica sarà cruciale per determinare se il ragazzo fosse capace di intendere e volere al momento del delitto. «Oggi Stefano è consapevole che la sua vita è finita», ha detto il legale, «continua a ripetere che la sua esistenza non ha più senso». Solo con il supporto di uno psichiatra e uno psicologo si potrà comprendere se alla base del rifiuto non accettato ci sia un disturbo più profondo e radicato.

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