Niente processo per Salvini
No al processo contro il presunto "sequestratore" Matteo Salvini sul caso Open Arms. Il rifiuto è arrivato in Giunta immunità al Senato, dove è stato decisivo il ruolo di Italia Viva e di Matteo Renzi, che si è sfilato dal volo spiegando che, stando alle carte, la decisione era stata presa "con l'avvallo dell'intero governo", dunque di Giuseppe Conte. Una circostanza evidente sin dal principio e negata nei fatti soltanto da Pd e M5s, pronti a tutto contro il leader della Lega.
E a caldissimo, subito dopo il "no", Salvini ha parlato nel corso di una diretta social: "Il blocco della Open Arms - ha premesso - ci permise di far svegliare l'Europa. Bloccai lo sbarco e oggi la giunta del Senato ha detto Salvini ha fatto il suo dovere. Ora la parola passa all'Aula, dove Pd e M5s hanno la maggioranza. Io non avevo e non ho paura". Dunque, un "grazie ai senatori che hanno votato liberamente dicendo: Salvini ha agito nell'interesse degli italiani e in accordo con l'intero governo".
La richiesta a Mattarella
Nel corso della diretta, Salvini ha poi attaccato duramente la magistratura sul caso Csm-Luca Palamara, occasione mai così propizia dopo il "no" al processo-gogna sul caso Open Arms: "Mi auguro che Mattarella sciolga il Consiglio superiore della magistratura - ha tuonato il leader della Lega -. Si nominino i nuovi componenti estraendo a sorte, per dare ossigeno a tanti magistrati liberi. Basta correnti".
Infine, un attacco al governo per la gestione dell'emergenza coronavirus e l'idea degli assistenti civici: "Sessantamila volontari civici a inseguire la signora Maria? Migliaia di spioni dell'aperitivo? Ma basta, un po' di fiducia agli italiani. Ma pensate ai problemi reali", ha concluso. (Libero Quotidiano)
La situazione
La polemica sulla giustizia non si placa e anche Lega e Fdi, come già diversi opinionisti, chiedono a chiare lettere che il Presidente della Repubblica intervenga, anche sciogliendo il Csm. Matteo Salvini, dopo il no della Giunta delle Immunità all’autorizzazione a procedere a suo carico, ha ricordato “le intercettazioni di qualche magistrato" su di lui, ha chiesto che “Mattarella sciolga il Csm" e ha proposto una riforma dell’elezione del Consiglio che preveda “l'estrazione a sorte". Senza entrare nel merito dei provvedimenti, anche Giorgia Meloni ha chiesto che il capo dello Stato prenda una posizione. E dopo la proposta di riforma del Csm da parte di Alfonso Bonafede tutti i partiti hanno rilanciato, anche se ognuno con ricette diverse.
La richiesta di sciogliere il Csm, però, non è assolutamente all’ordine del giorno e, tra l'altro, non vi sono precedenti di un presidente della Repubblica che abbia sciolto il Csm. E i motivi sono di merito e di metodo. Il metodo è legato alla lettera della legge istitutiva del Csm, che all’articolo 31 spiega come il Presidente della Repubblica scioglie il Csm “qualora ne sia impossibile il funzionamento”, sentiti i presidenti delle Camere e il Comitato di presidenza. Dunque lo scioglimento, trapela da giorni dal Quirinale, non è un atto politico ma una decisione assunta in caso di blocco della funzionalità del Consiglio. L’impossibilità di funzionamento è determinata dalla mancanza del numero legale, ma l’attuale Csm non ha posti vacanti ed è nel pieno della sua funzionalità.
Scioglimento impossibile
Le ragioni di merito, poi, riguardano gli attuali componenti del Csm: nessuno è coinvolto nello scandalo che cominciò un anno fa. I componenti del Consiglio interessati dalle intercettazioni, pubblicate un anno fa e in questi giorni, si sono tutti dimessi, sono stati sostituiti da nuovi componenti eletti e sono sotto procedimento disciplinare da parte del Csm. Anche l’ex procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio, sfiorato dalla vicenda, ha anticipato le sue dimissioni ed è in pensione. Luca Palamara è sospeso da stipendio e funzioni, è soggetto a un procedimento disciplinare davanti al collegio disciplinare del Csm. è sotto inchiesta da parte della Procura di Perugia. Tutti i procedimenti previsti dunque sono stati avviati.
Già lo scorso anno, molti chiesero al Capo dello Stato di sciogliere il Csm, ma il Presidente fece capire che uno scioglimento avrebbe bloccato il processo di riforma del Consiglio, agevolato l’elezione di un nuovo Csm sempre con le vecchie regole (contestate da quasi tutto l’arco costituzionale) e bloccato i procedimenti disciplinari appena avviati. Queste motivazioni non sono mutate; ora si attende che, magari senza grandi indugi, il Csm porti a termine l’iter dei provvedimenti disciplinari e il Parlamento vari una riforma, una volontà espressa già un anno fa ma ancora non divenuta realtà. (Agi)
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