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L'esplosione al deposito Eni di Calenzano, che ha causato la morte di cinque persone, continua a suscitare interrogativi. Emergono dettagli cruciali da una lettera scritta da Vincenzo Martinelli, una delle vittime, che denunciava malfunzionamenti nell’impianto. Gli inquirenti stanno indagando per omicidio colposo e disastro, con particolare attenzione alle procedure di sicurezza.

La lettera premonitrice di Vincenzo Martinelli

Vincenzo Martinelli, una delle cinque vittime della strage, aveva segnalato in una lettera alla sua azienda, Bt Trasporti, «continue anomalie sulla base di scarico». Martinelli spiegava che il giorno dell'incidente, «il carico del braccio di benzina non erogava il prodotto» e che, dopo diversi tentativi, gli addetti avevano deciso di sospendere il carico. La sua denuncia mette in luce problematiche tecniche che potrebbero essere state ignorate, contribuendo alla tragedia.

La dinamica dell’esplosione

Secondo le indagini della Procura di Prato, alle 10:20 del 9 dicembre, quattro camion stavano caricando gasolio. Martinelli era sulla quinta corsia, mentre operai della ditta Sergen lavoravano tra le pensiline 5 e 6. Un testimone ha riferito: «Ero in fila ad aspettare il mio turno e ho visto roba fuoriuscire da alcuni tubi. Pensavo fosse acqua, poi ho sentito la puzza». Poco dopo, l’esplosione.

Le cause del disastro

La Procura ipotizza che la tragedia sia stata causata da una «chiara inosservanza delle regole previste». Durante i lavori di manutenzione, una fuoriuscita di carburante avrebbe innescato la deflagrazione. Le indagini si concentrano sulla rimozione di valvole e tronchetti per mettere in sicurezza una linea benzina dismessa.

Le responsabilità in gioco

L'accusa principale riguarda l’omicidio colposo e la «rimozione dolosa o colposa di cautele contro gli infortuni sul lavoro». Gli investigatori stanno analizzando contratti di manutenzione e conversazioni interne per comprendere eventuali negligenze.

La dinamica dell’esplosione: vapori e scintille

Esperti sottolineano che a causare l’esplosione sono stati probabilmente i vapori di benzina, innescati da una scintilla o uno sfregamento. Eni ha dichiarato di collaborare con le autorità giudiziarie per individuare con precisione le cause. Tuttavia, l’azienda ha avvertito che è prematuro trarre conclusioni definitive.

Le parole di chi conosce l’impianto

Giuseppe, un autista di cisterne con 35 anni di esperienza nel deposito di Calenzano, ha espresso incredulità: «Non ci capacitiamo di quanto è successo, per noi autisti l’impianto è sicuro». Ha spiegato che, sebbene ci siano stati problemi in passato, non si era mai verificata una situazione tanto pericolosa.

Le conseguenze per la sicurezza sul lavoro

L’incidente ha acceso i riflettori sulla necessità di migliorare le procedure di sicurezza nei siti industriali. La tragedia di Calenzano potrebbe diventare un caso emblematico per ridefinire gli standard di sicurezza e prevenzione in Italia.

La strage di Calenzano non è solo una tragedia umana, ma un segnale di allarme per il sistema di gestione dei rischi sul lavoro. Le indagini continueranno a cercare le responsabilità, ma il ricordo delle vittime deve spingere a un cambiamento reale per evitare che simili disastri si ripetano.

La tragedia di Calenzano lascia domande senza risposta e un vuoto incolmabile per le famiglie delle vittime. Le denunce ignorate e le presunte negligenze devono essere un punto di partenza per migliorare la sicurezza nei luoghi di lavoro, garantendo che simili tragedie non si ripetano.

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