Il momento è eccezionale. Unico. Mai in passato l'Italia si è trovata ad affrontare un'emergenza sanitaria di così grande portata. Il governo la sta affrontando con misure eccezionali: ha chiuso le scuole, i ristoranti, i bar, i negozi, tutto quanto. Per sostenere un paese in affatto, costretto a stare a casa per chissà quanto ancora, ha stanziato cinque miliardi di euro per la cassa integrazione in deroga e rimandato a data da destinarsi il pagamento di tasse e contributi.
Basterà? Forse no. Perché da quelle misure eccezionali restano fuori tante categorie professionali che, non appena il picco sarà superato, si arrischieranno a tornare al lavoro per sopravviviere. E probabilmente faranno ripartire il contagio. Per molti, insomma, questa crisi significa scegliere fra la salute e la sopravvivenza economica. Sono partiti da questa riflessione l'economista Gianmario Cinelli, ricercatore all'Università Bocconi, e Antonio Costagliola, vicepresidente della banca d'investimenti Equita, che hanno lanciato un'idea dirompente e sfidante: un reddito di quarantena, di sopravvivenza.
Cioè pochi soldi, dati a tutti, per garantire il minimo indispensabile per sopravvivere, congelando tutto il resto e lasciando i patrimoni intatti, così da avere abbastanza fieno in cascina per tornare subito a correre non appena i contagi saranno a zero. Una follia? Forse. Sicuramente una provocazione e certamente un punto di vista ancora non esplorato. «Siamo partiti dall'analisi della crisi che ci troviamo ad affrontare, che è ben diversa dalle precedenti. Nel 2008 il collasso è venuto dalla presa di coscienza che nei bilanci delle aziende e delle banche c'erano valori sovrastimati. Significa che in quella crisi le perdite erano già avvenute, si realizzavano ex post ma riguardavano fenomeni passati. Stavolta è diverso: la capacità produttiva è intatta, le aziende sono sane, i conti delle banche sono in ordine e le perdite sono proiettate nel futuro», spiega Cinelli. Le perdite verranno dalle spese che le imprese e i singoli dovranno sostenere in queste settimane, senza essere compensati da vendite e incassi. «Facciamo l'esempio di uno studio di avvocati che ha costi per circa 70 mila euro al mese per affitto, spese di gestione, utenze, salari e via dicendo: lo studio non può reggere per più di due mesi con incassi a zero. E ancora, pensiamo a un professionista che ha un ottimo stipendio, sei mila euro netti al mese, ma paga 1.800 euro di affitto, ha due figli e una moglie. Probabilmente avrà abbastanza soldi per reggere qualche mese, ma è chiaro che, quando vedrà che la curva della diffusione del virus andrà scemando, allora si arrischierà a riaprire l'attività.
Il professionista porrà su una bilancia il rischio contagio e il rischio default famigliare: e riaprirà. Con il rischio di far ripartire i contagi. Questo vanificherebbe ogni sforzo precedente», spiega l'economista della Bocconi. Un altro esempio è quello dei lavoratori dell'industria, chiamati a restare nelle aziende a produrre: se da un lato scioperano e protestano perché non vogliono essere “carne da macello”, dall'altro lato la stragrande maggioranza degli operai sta continuando ad andare al lavoro consapevole che l'alternativa è la perdita del posto di lavoro e del salario che mantiene l'intera famiglia. Quindi, ancora, la scelta è fra salute e sopravvivenza economica. «Se dobbiamo fare come la Cina, contenendo al massimo i contagi, allora è necessario dare a tutti gli italiani la garanzia di poter sopravvivere in queste settimane di quarantena e di poter riaccendere il motore dell'economia subito dopo, senza il rischio che, nel frattempo, le società abbiano prosciugato tutti i propri risparmi. La soluzione, quindi, non è mantenere i redditi, cioè gli stipendi, ma preservare i patrimoni». Che è ben diverso. Spieghiamolo con un esempio: un banchiere, che ha un buono stipendio, di circa settemila euro al mese, resta a casa in quarantena. La sua azienda continua a versargli il salario mensile, ma nel frattempo non incassa quattrini perché non c'è mercato. Allora dovrà attingere alle proprie scorte, cioè al patrimonio. Risultato: quando il coronavirus sarà solo un ricordo lontano, il banchiere tornerà nel proprio ufficio, avrà qualche soldo in più sul conto corrente (perché nel frattempo non avrà speso praticamente nulla e magari gli saranno posticipate anche le rate del mutuo) ma la sua azienda avrà dato fondo a tutti i soldi necessari per proseguire, per investire, per ridare slancio all'economia.
Insomma, la sua azienda sarà in crisi e, nella migliore delle ipotesi, avvierà procedure di cassa integrazione, nella peggiore scatteranno i licenziamenti e l'azienda andrà a gambe all'aria. Lì inizierebbe una vera e pesantissima recessione economica. Ecco perché i patrimoni, le ricchezze accumulate delle aziende e dei cittadini, vanno tutelati e preservati in questo momento. Da qui l'idea di un reddito di quarantena. Universale e quindi per tutti: «Altrimenti rischiamo di creare vincitori e vinti. Ad esempio sospendendo i mutui ma non gli affitti, oppure sostenendo le partite iva ma non gli atipici, ma mantenendo il reddito di cittadinanza. Questo potrebbe creare una gigantesca tensione sociale». Ma cos'è il reddito di quarantena, detto anche di sopravvivenza? «Consiste in una cifra pari ai propri consumi famigliari, che in base ai valori Istat si attesta attorno a 751 euro mensili, considerando anche le bollette». Per lo Stato significherebbe una spesa di 19,2 miliardi al mese, cioè 57,5 miliardi per il trimestre. Il reddito comporterebbe un patto sociale fra Stato, cittadini e imprese che si impegnano a sospendere qualsiasi tipo di obbligazione, cioè mutui, affitti, leasing, pagamenti per i fornitori, leasing di macchinari e ogni voce di bilancio aziendale. «Vorrebbe dire congelare l'economia. Farsi un lungo weekend generale della durata di tre mesi. Sarebbe come spostare le ferie di agosto in primavera, salvaguardando il patrimonio economico italiano per avere liquidità, solidità e fiato per gli investimenti che serviranno quando in tarda estate bisognerà ripartire». Una misura davvero drastica, ancor più se si pensa che, per sostenerla bisognerebbe interrompere anche le normali voci di spesa del governo. Detto altrimenti sarebbero tagliati anche i costi dei dipendenti pubblici (cioè 28,9 miliardi nel trimestre), le pensioni (altri 49,1 miliardi di risparmi) e il reddito di cittadinanza (1,8 miliardi), per un totale di 79,8 miliardi di euro. Dunque, bloccando la spesa corrente per stipendi pubblici, pensioni e reddito di cittadinanza, si potrebbe garantire a tutti un reddito di quarantena. Un disegno da far tremare le vene e i polsi e che solo un governo di vera emergenza nazionale, in stato di guerra, potrebbe avere la forza di sostenere e approvare. «Ma guardiamo cosa sta succedendo nel mondo della finanza» incalza l'economista Cinelli, «La Bce ha sfoderato il bazooka del quantitative easing mettendo sul piatto 120 miliardi di euro.
Due ore dopo la Fed americana ha rilanciato con 1.500 miliardi di investimenti per contrastare la pandemia. E il mercato è andato in picchiata. Significa che soluzioni convenzionali per un problema che è tutt'altro che ordinario non sono appropriate. Bisogna avere il coraggio di analizzare la situazione da un punto di vista nuovo e prendere iniziative ancor più straordinarie». Il modello del bocconiano, tuttavia, può funzionare solo all'interno di un sistema chiuso, che sia l'Italia o l'Europa, ma che comunque non abbia interferenze esterne. Ad esempio, poniamo un fondo del Qatar che pretenda il pagamento dell'affitto dei propri appartamenti a Milano: allora salterebbe il concetto di congelamento complessivo dell'economia. Inoltre, nonostante la simulazione dei dati mostri che il reddito di quarantena comporti una spesa di gran lunga inferiore rispetto ai normali costi pubblici per stipendi e pensioni, va sottolineato che lo Stato si prepara a incassare poco o nulla nei prossimi tre mesi. Dunque, come potrà sostenere un simile esborso? «I 27 capi di Stato dei paesi europei, affiancati da ministri della Salute e dell’Economia e dai vertici della Bce, dovrebbero invocare un patto fra istituzioni e cittadini europei per la sconfitta del virus, come sta oggi accadendo in Cina. Crediamo potrebbe rappresentare un passo decisivo per il rilancio di un’identità europea.
In questo caso, il finanziamento del provvedimento potrebbe ricadere sulla Banca Centrale Europea sia attraverso l’incremento della base monetaria con la creazione di nuove banconote da dare direttamente ai nuclei familiari, che attraverso l’emissione di Eurobond, come suggerito da Mario Monti. Nel caso in cui non si riuscisse a trovare una risposta unica europea, le risorse necessarie all’erogazione del reddito potrebbero ricadere sulla politica fiscale dei singoli stati, che si troverebbero a erogare il reddito di sopravvivenza per alcuni mesi, ma allo stesso tempo avrebbero risparmi dal congelamento degli stipendi pubblici, delle pensioni e degli altri sussidi». Fonte: L'Espresso Leggi anche Coronavirus Londra: bimbo appena nato trovato positivo, anche la mamma. Seguici su Facebook 41esimoparallelo
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