È morto Alberto Franceschini, tra i fondatori delle Brigate Rosse: funerali in forma privata
Aveva 78 anni. Condannato per il sequestro Sossi e l’omicidio di due militanti del Msi, fu tra i protagonisti della stagione degli anni di piombo

Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse insieme a Renato Curcio e Mara Cagol, è morto all’età di 78 anni. Il decesso è avvenuto l’11 aprile scorso, ma la notizia è stata diffusa solo oggi. Figura centrale nella storia del terrorismo italiano degli anni di piombo, Franceschini aveva scelto negli ultimi anni una vita lontana dai riflettori. I funerali si sono svolti in forma strettamente privata.
Le origini e la nascita delle Brigate Rosse
Nato a Reggio Emilia il 26 ottobre 1947 in una famiglia comunista – il nonno fu tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia – Alberto Franceschini partecipò alla trasformazione del Collettivo Politico Operai Studenti in una struttura clandestina armata, dando vita nel 1970 alle Brigate Rosse, insieme a Renato Curcio e Mara Cagol.
Le prime azioni terroristiche
Le prime azioni delle Brigate Rosse, tra sabotaggi e sequestri lampo, portarono rapidamente a un’escalation di violenza culminata, nel 1974, con il rapimento del giudice Mario Sossi e con l’uccisione dei militanti missini Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola a Padova.
L’arresto da parte di Dalla Chiesa
Il 5 settembre 1974, grazie all'infiltrazione dell'ex missionario Silvano Girotto, detto "Frate Mitra", i carabinieri del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa arrestarono Franceschini e Curcio in una cascina nei pressi di Pinerolo. Per lui arrivò una condanna a oltre 60 anni di carcere per banda armata, sequestro e omicidio.
La dissociazione dalla lotta armata
Nel 1982, mentre era detenuto, Alberto Franceschini si dissociò ufficialmente dalla lotta armata. Dopo dieci anni di prigionia, venne definitivamente scarcerato nel 1992. Da allora si trasferì a Roma, dirigendo una cooperativa legata all'Arci, dedicata all’inserimento lavorativo di migranti e detenuti.
Gli ultimi anni e il massimo riserbo
Negli ultimi anni, Franceschini ha mantenuto un profilo basso. Nel febbraio 2024, il suo nome era tornato sulle cronache dopo essere stato identificato dalla Digos a una commemorazione per Alexei Navalny a Milano. La famiglia, nel dare notizia della sua morte, ha scelto la discrezione: nessun necrologio pubblico e funerali in forma strettamente privata.
Il peso della memoria storica
Con la scomparsa di Alberto Franceschini si spegne una delle ultime testimonianze dirette di una delle pagine più drammatiche della storia italiana recente. Il suo nome resta indissolubilmente legato a una stagione di sangue che ha lasciato ferite profonde nel tessuto democratico del Paese.
Il contesto degli anni di piombo
Gli anni di piombo furono caratterizzati da terrorismo politico, stragi e tensioni sociali tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta. Le Brigate Rosse furono tra i principali protagonisti di quella stagione, responsabili di 86 omicidi e di centinaia di attentati e sequestri.
L’eredità delle Brigate Rosse
Le Brigate Rosse non si sciolsero mai ufficialmente, ma si frammentarono negli anni Ottanta. L'ultimo attentato riconducibile a gruppi che si ispiravano alle BR risale al 2002. La stagione brigatista rimane ancora oggi un tema di forte dibattito nella memoria collettiva italiana.