Addio a Franco Ferrarotti: il padre della sociologia italiana si è spento a 98 anni
E' stato anche deputato nel Parlamento per la terza legislatura
Franco Ferrarotti, considerato il padre della sociologia in Italia, è scomparso a Roma all'età di 98 anni. Ferrarotti, figura di spicco e pioniere della sociologia italiana, ha ricoperto il ruolo di professore all’Università La Sapienza di Roma fino al 2002 ed è stato un punto di riferimento per generazioni di studenti e studiosi. Nei giorni scorsi, il professore era stato sottoposto a un intervento chirurgico a Roma, il cui esito sembrava essere positivo, ma purtroppo le sue condizioni sono poi peggiorate. La notizia della sua scomparsa è stata confermata dal professor Mario Morcellini, suo collega e amico.
La carriera accademica e politica di Franco Ferrarotti
Nato il 7 aprile 1926 a Palazzolo Vercellese, in Piemonte, Ferrarotti ha contribuito significativamente allo sviluppo della sociologia in Italia, grazie anche alle sue esperienze internazionali. È stato eletto deputato nella terza legislatura italiana per il Movimento di Comunità, fondato da Adriano Olivetti, che promuoveva una visione di comunità attenta al sociale e alle dinamiche collettive. Nel 2005, è stato insignito dell'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce per il suo impegno e il contributo culturale dato all’Italia.
Nel corso della sua carriera accademica, Ferrarotti ha insegnato in prestigiose università estere, tra cui Chicago, New York, Toronto, Mosca, e Tokyo, trasmettendo la sua visione della sociologia come strumento di comprensione e cambiamento sociale. A livello internazionale, ha inoltre fondato il Consiglio dei Comuni d’Europa a Ginevra nel 1949 e ha collaborato come direttore di progetti presso l'OECE (poi divenuta OCSE) a Parigi nel 1958-59.
Le opere di Ferrarotti e l'influenza nella sociologia italiana
L’eredità culturale di Ferrarotti è stata amplificata da un corposo corpus di opere, tra cui spiccano testi fondamentali come "Sindacati e potere" (1954), "La protesta operaia" (1955), "La sociologia come partecipazione" (1961) e "Max Weber e il destino della ragione" (1965). Nel 1968 pubblicò "Trattato di sociologia", uno dei testi accademici più influenti in Italia, che ha segnato intere generazioni di studenti. Altri lavori come "Roma da capitale a periferia"(1970), "La sociologia del potere" (1972) e "Vite di baraccati" (1974) riflettono il suo impegno per l’analisi critica delle trasformazioni sociali e urbane.
Ferrarotti è stato anche fondatore, insieme a Nicola Abbagnano, dei Quaderni di sociologia, e ha diretto per molti anni la rivista La critica sociologica, promuovendo un dibattito aperto e partecipativo su temi politici, culturali e sociali. "In Italia, tutti collegano la parola sociologia al suo nome," ha commentato Mario Morcellini, sottolineando l’impatto profondo che Ferrarotti ha avuto nella disciplina e nella società italiana.
L'eredità di un maestro della sociologia
L’addio a Franco Ferrarotti rappresenta la scomparsa di una delle voci più importanti del pensiero sociologico italiano. Ferrarotti ha sempre visto la sociologia non solo come una disciplina teorica, ma come una “partecipazione attiva” alla realtà sociale. La sua passione e dedizione per la ricerca della verità sociale hanno ispirato molti a studiare e ad agire con maggiore consapevolezza. La sua visione critica e partecipativa resta un modello per chiunque voglia comprendere e migliorare la società.