TikTok verso lo stop di un anno in Albania: la decisione del governo
Nel 2025 l’accesso alla piattaforma cinese potrebbe essere bloccato su tutto il territorio: “Sta prendendo in ostaggio i nostri figli”
Un provvedimento drastico e senza precedenti, quello annunciato dal premier albanese Edi Rama: TikTok potrebbe essere vietato per un anno in tutta l'Albania. La decisione arriva dopo un drammatico episodio di violenza in cui un ragazzo di 14 anni ha accoltellato a morte un coetaneo a Tirana, in seguito a un litigio nato sui social. Il governo è intervenuto adottando misure eccezionali, sostenuto dai risultati di un sondaggio che, a grande maggioranza, ha evidenziato la volontà di genitori e scuole di proibire la piattaforma di proprietà del gruppo cinese ByteDance. Secondo Rama, TikTok è paragonabile a “un farabutto di quartiere” che affascina i più giovani, ponendoli in una sorta di perenne dipendenza.
Un divieto senza precedenti nel panorama europeo
Il blocco di TikTok previsto per il 2025 fa scalpore soprattutto perché l’Albania diventa di fatto il primo Paese europeo ad adottare una misura così netta contro il social. L’annuncio del premier Edi Rama ha subito attirato l’attenzione della comunità internazionale, in particolare per le motivazioni politiche e sociali che ne stanno alla base. La piattaforma cinese, infatti, è accusata di esercitare un’influenza negativa sui ragazzi, spingendoli a passare troppe ore connessi e, in alcuni casi, alimentando situazioni di cyberbullismo e violenza.
La tragedia di Tirana che ha scosso il Paese
La decisione del governo albanese nasce in un contesto di enorme inquietudine sociale. Nel novembre scorso, un 14enne ha aggredito a coltellate un coetaneo nei pressi della scuola che frequentavano entrambi, innescando uno scontro che ha avuto tragiche conseguenze. Le indagini hanno rivelato che la lite era esplosa a seguito di frizioni e provocazioni scambiate sui social network, TikTok in primis. L’episodio ha messo in evidenza la pericolosità di certe dinamiche online, nonché la fragilità di un sistema di controllo incapace di prevenire comportamenti violenti nei giovanissimi.
Il sondaggio tra genitori e scuole
A spingere l’esecutivo verso una decisione così forte è stato un sondaggio condotto a livello nazionale all’interno delle scuole e tra i genitori degli studenti. “Oltre il 90 per cento ha chiesto la chiusura di TikTok”, ha spiegato il ministro dell’Istruzione, Ogerta Manastirliu, segnalando la preoccupazione dilagante di fronte ai possibili effetti negativi del social. Secondo gli intervistati, la presenza assidua su TikTok dei ragazzi fa emergere problemi di dipendenza digitale, isolamento sociale e potenziali rischi di emulazione di comportamenti violenti.
La metafora del “farabutto di quartiere”
Edi Rama ha usato parole dure per descrivere l’influenza che TikTok eserciterebbe sui giovani, paragonandola alla presenza di “un farabutto del quartiere di cui i genitori temono la compagnia per i propri bambini”. Il premier ha evidenziato come la piattaforma riesca a risultare attraente nonostante la sua pericolosità, contribuendo a fomentare sfide estreme e litigi digitali che a volte sfociano in fatti di cronaca drammatici. L’obiettivo dichiarato è interrompere questo circolo pericoloso, almeno per un periodo di tempo sufficiente a rafforzare i meccanismi di controllo e consapevolezza.
Verso la chiusura nel 2025: le tappe e gli obiettivi
Secondo le dichiarazioni del governo, il blocco di TikTok durerà un anno e inizierà nel corso del 2025. Nel frattempo, le autorità stanno già lavorando a un quadro normativo che renda effettivo il provvedimento, compresa la collaborazione con i principali fornitori di servizi internet presenti sul territorio. L’intervento non mira soltanto a sospendere l’accesso alla piattaforma, ma anche a costruire percorsi educativi mirati a sensibilizzare i giovani sui rischi connessi all’uso improprio dei social. In programma ci sono anche corsi di formazione dedicati ai docenti e sessioni informative riservate ai genitori.
Un piano formativo per combattere la dipendenza dai social
Come ha sottolineato lo stesso Edi Rama, l’idea è di sfruttare questo anno di stop forzato di TikTok per avviare una serie di iniziative: “Lo chiuderemo per un anno e inizieremo a svolgere programmi per educare gli alunni e aiutare i genitori a monitorare i progressi dei loro figli”. Si tratta di un percorso di formazione che coinvolgerà esperti di psicologia, pedagogia e sicurezza digitale. L’obiettivo è duplice: da un lato, responsabilizzare i ragazzi, dall’altro, fornire strumenti concreti alle famiglie per gestire il fenomeno social e prevenire i casi di violenza o emulazione dannosa.
Le reazioni internazionali e l’eco mediatico
L’annuncio del governo albanese ha subito suscitato reazioni a livello internazionale. In molti si chiedono se questa possa aprire la strada a un nuovo approccio nei confronti di TikTok in Europa, dove da tempo si discute della vulnerabilità dei minori di fronte alle sfide virali e ai contenuti potenzialmente pericolosi. Altri, invece, criticano l’iniziativa, giudicandola una forma di censura eccessiva che limita la libertà di espressione e di mercato. Per parte sua, la ByteDance non ha ancora rilasciato un commento ufficiale sulla questione.
Prospettive future e sfide da affrontare
Il caso albanese mette in evidenza la difficoltà di governare fenomeni nati e cresciuti nell’era digitale. Se per alcuni un divieto temporaneo rappresenta un gesto estremo, ma necessario per salvaguardare i giovani, altri temono che l’intervento possa risultare sproporzionato o inefficace sul lungo periodo. Resta da vedere come l’Albania gestirà, una volta concluso l’anno di ban, il ritorno della piattaforma, e se nel frattempo riuscirà davvero a costruire un ambiente più protetto per i ragazzi. Di certo, la vicenda apre un nuovo capitolo nel dibattito su libertà online, educazione e tutela dei minori, destinato a far discutere ben oltre i confini albanesi.