Viviana e Gioele, parla papà Daniele: «Cinque ore di lavoro di un volontario rispetto a quindici giorni di settanta uomini esperti, mi fanno sorgere dei dubbi oggettivi sui metodi adottati per le ricerche.
La mia non vuole essere una polemica, ma la semplice considerazione di un marito e padre distrutto per la perdita della propria famiglia».
Daniele Mondello padre di Gioele, il bambino di quattro anni trovato morto nel bosco di Caronia, ancora una volta si è affidato ai social per criticare i metodi d’indagine sviluppati per cercare suo figlio.
Sulla sua pagina Facebook ha inoltre postato un video dove si vede un carabiniere con un metal detector sondare il terreno alla ricerca del bambino. «Non so cosa pensare... lo stavano cercando così mio figlio?»
Infine, ha ribadito la sua verità: «Viviana non si è uccisa e non ha ucciso il piccolo».
Le polemiche, infatti, non riguardano solo le tecniche di ricerca adottate.
La famiglia continua ad avere dubbi sulle cause della morte. Il Corriere ieri ha rivelato qual è l’ipotesi degli inquirenti sulle ultime ore di vita di Viviana e del piccolo Gioele.
Dalla fuga nel bosco, dopo l’incidente da lei provocato in galleria lungo la Messina-Palermo, alle fasi successive che l’avrebbero indotta all’omicidio-suicidio.
L’avvocato Claudio Mondello, uno dei legali che cura gli interessi della famiglia, ha esposto, sempre su Facebook, una sua teoria. «Viviana non si è uccisa e non ha ucciso il piccolo Gioele» afferma.
E ipotizza uno scenario:
«Il bambino sfugge alla vigilanza della madre, qualcosa lo spaventa e fugge. La madre, terrorizzata, lo cerca disperatamente, ma i suoi tentativi falliscono.
Alla fine per meglio orientarsi decide di salire sul pilone. Viviana riesce da quella posizione a rintracciare Gioele, si affretta a scendere ma, probabilmente per evitare di perdere tempo, ritiene di saltare. Questa scelta le è fatale.
Il bambino, rimasto solo nel bosco, è incorso in un incontro fatale con un suino nero dei Nebrodi».
Fin qui la ricostruzione del legale. Per la Procura di Patti, guidata da Angelo Cavallo, Viviana Parisi soffriva di disturbi psicotici.
Teoria che sarebbe confermata da documenti sanitari. Il 17 marzo la deejay si è presentata all’ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto ed è uscita con una diagnosi che parlava di «sensazioni di sconforto e crisi di ansia».
La famiglia
Il 28 giugno scorso Viviana si presenta invece al Pronto soccorso del Policlinico di Messina perché ha ingerito otto pasticche di un farmaco utilizzato per disturbi psicotici acuti e cronici.
Il farmaco fa parte della fascia «A» è mutuabile e deve essere prescritto con ricetta medica. Alla domanda del medico la donna riferì di «problemi psichiatrici».
Il medico nel rilasciare il certificato scrisse che «è in cura al reparto di psichiatria».
Gli avvocati Pietro Venuti e Claudio Mondello però in una nota scrivono: «Viviana quel giorno aveva assunto un quantitativo leggermente maggiore del farmaco prescritto e nel dubbio siamo andati al Pronto soccorso per i dovuti accertamenti. Nessun tentato suicidio».
Le indagini si concentrano anche su questi aspetti medici.
Nei giorni scorsi la polizia ha sequestrato all’ospedale Papardo di Messina la cartella clinica relativa al parto della donna.
Infine, un’ultima nota: i genitori di Viviana Parisi hanno nominato come propri legali, gli avvocati del caso Scazzi e Meredith Kercher.
«Lo apprendo dagli organi d’informazione», ha detto l’avvocato Venuti. «Ci aspettavamo almeno che ci venisse comunicato con una telefonata o una Pec. Ma, evidentemente, non l’hanno ritenuto opportuno».
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