Per gli insulti sui social e le frasi minacciose rivolte sui social a Silvia Romano
La giovane volontaria milanese liberata in Somalia dopo un anno e mezzo di prigionia e dopo essere stata rapita in Kenya nel novembre 2018, il responsabile dell'antiterrorismo milanese Albero Nobili ha aperto una indagine. L'ipotesi, contro ignoti, è di minacce aggravate. Da ieri c'è un frequente passaggio di auto delle forze dell'ordine lungo la via del quartiere Casoretto di Milano ma, a differenza di ieri appunto, non c'è il presidio fisso di auto di polizia e carabinieri, ma le pattuglie rallentano passando davanti al palazzo. Sul portone del condominio sono ancora incollati i cartelli con i messaggi di bentornato per la giovane cooperante. E' alzata la tapparella della finestra al secondo piano da cui Silvia Romano si è affacciata ieri per ringraziare la folla di persone che la attendeva.
Negli ultimi giorni, infatti, dopo il rientro in Italia di Silvia Romano
Tantissimi sono stati i messaggi che sui social network l'hanno riguardata. Purtroppo, oltre a tanta solidarietà per quello che ha vissuto la ragazza in questi oltre 500 giorni e alla felicità per il suo ritorno a casa, gli haters si sono scatenati in Rete con messaggi violenti e sessisti, contestando la sua scelta di convertirsi all'Islam, le sue prime parole, persino il suo volto apparentemente sereno al rientro in Italia. E tanti i commenti che hanno anche messo in discussione il presunto pagamento di un riscatto per la sua liberazione.
Nel suo quartiere, il Casoretto,
Ieri era comparso anche un volantino incollato sulla vetrata posteriore di un'edicola, poco distante dall'abitazione della giovane cooperante. "Tanti di noi, stufi di dover pagare i riscatti, specie di questi tempi. Salvare una vita, meritevole, per metterne a rischio molte altre?", c'era scritto sul foglio, staccato e gettato dall' edicolante non appena se ne è accorto. Nel volantino si criticava il fatto di "subire le ingerenze politiche delle Ong che mettono a rischio i nostri pur lodevoli connazionali", sostenendo la necessità di "far pagare alle Ong o chi per esse le loro superficialità". "Buonismo, perbenismo e politicamente corretto - era la conclusione - non equivalgono a 'solidarietà'. Tutt'altro".(Repubblica)
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