Nel contrasto a Covid-19 una speranza per la cura arriva dall’impiego del Tocilizumab
Il farmaco normalmente utilizzato per la terapia della artrite reumatoide, autorizzato dall’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) per uno studio clinico di Fase 2 – denominato Tocivid19 – coordinato dal Pascale di Napoli, fornito gratuitamente dal produttore Roche.
Lo studio è stato promosso dall’Istituto Nazionale
Per l'analisi e la Cura dei Tumori di Napoli in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia, l’Azienda Ospedaliero-universitaria di Modena e l’Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia oltre che con la commissione tecnico scientifica di AIFA. Il farmaco ha superato la prova. I risultati evidenziano una riduzione della mortalità a 30 giorni.
Ora lo studio sarà presto pubblicato su una rivista internazionale
In modo da consentire una revisione approfondita da parte della comunità scientifica. Carlo Salvarani della Università di Modena e Reggio Emilia, direttore della Struttura Complessa di Reumatologia: “il Tocilizumab è un farmaco biotecnologico. Nelle più gravi polmoniti da COVID19, quelle che hanno la prognosi più severa, si è notato che il problema principale non è il virus ma l’abnorme risposta del sistema immunitario, una vera e propria ‘empesta citochinica’.
Questa eccessiva risposta immunitaria è in parte governata dalla interleuchina-6 e la sua inibizione può quindi ridurre questa risposta immunitaria abnorme con eccessiva infiammazione, e quindi ridurre il danno polmonare”.
L’analisi primaria ha riguardato 301 pazienti
“Questi pazienti – spiega la ricercatrice Cristina Mussini, - ricoverati in ospedale a causa di un quadro di polmonite insorto in corso di infezione da coronavirus, e presentavano segni di insufficienza respiratoria. Sono stati invece esclusi da questa analisi i pazienti intubati da oltre 24 ore, che saranno oggetto di ulteriore approfondimento”.
Nel corso dei 30 giorni successivi, nello studio di Fase 2 registrati 67 decessi.
L’analisi primaria è stata condotta sul tasso di letalità a 14 e a 30 giorni. In particolare, a 14 giorni il tasso di letalità riportato nella fase 2 è risultato 18.4%, considerando tutti i pazienti, e 15.6%, considerando solo quelli che hanno ricevuto il farmaco, entrambi inferiori, ma in maniera non statisticamente significativa, al 20% previsto a priori sulla base dei dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità nel corso dell’epidemia.
Invece, i risultati sono statisticamente significativi a 30 giorni
Quando i valori di letalità sono 22.4% in tutti i pazienti e 20.0% nei soli trattati (rispetto al 35% che ci si aspettava a priori).
“Questi risultati – afferma Salvarani – da una parte confermano quelli riportati nella Fase 2, ma dall’altra introducono un necessario elemento di cautela nella interpretazione. (CronahedellaCampania)
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