raffaele arcella

Il Tribunale di Nola ha condannato a due anni di reclusione il medico Stefano Cristiano per l’omicidio colposo di Raffaele Arcella, un 29enne di Caivano morto nel 2019 a seguito di un intervento di bypass gastrico. La sentenza ha accolto le richieste del pubblico ministero e dei familiari della vittima, rappresentati dall’avvocato Fernando Maria Pellino.

Le gravi negligenze emerse dall’autopsia

L’autopsia ha rivelato un particolare scioccante: la presenza di un corpo estraneo nell’addome di Raffaele, identificato come l’ogiva di una sonda. Questo dettaglio ha evidenziato gravi negligenze durante l’intervento chirurgico. Inoltre, nonostante i chiari sintomi di un’infezione post-operatoria, il medico non avrebbe eseguito esami diagnostici fondamentali, come una TAC con mezzo di contrasto, che avrebbero potuto individuare il problema in tempo.

Un caso di malasanità tra i tanti

La vicenda di Raffaele Arcella non è un caso isolato. Il medico Stefano Cristiano è attualmente indagato per altri episodi di presunta malasanità, tra cui:

  • La morte di Angela Iannotta, finita in condizioni gravissime dopo un intervento di chirurgia bariatrica presso la clinica Villa del Sole di Caserta.
  • Le gravi condizioni di Francesco Di Vilio, un paziente oncologico deceduto a 69 anni dopo operazioni chirurgiche allo stomaco.

La soddisfazione (parziale) della famiglia

La sentenza è una vittoria simbolica per la famiglia Arcella, che da anni chiedeva giustizia per Raffaele. Antonio Arcella, parente della vittima, ha dichiarato:

“Siamo soddisfatti, ma nulla potrà restituirci Raffaele”.

Il giudice ha accolto la tesi presentata dall’avvocato Pellino, difensore della famiglia Arcella, e dal pubblico ministero, dottoressa Colonna Romano.

Dubbi e polemiche: un medico ancora in attività?

Sulla vicenda è intervenuto anche il deputato Francesco Emilio Borrelli e il co-portavoce provinciale di Europa Verde, Agostino Galeriero, che hanno sottolineato come questa sentenza, pur rappresentando una forma di giustizia, lasci ancora molte questioni irrisolte:

“Una condanna a due anni vuol dire che purtroppo non andrà mai effettivamente in carcere, ma almeno c’è una condanna che lo inchioda alle proprie responsabilità. È però inaccettabile che un medico implicato in vari casi di malasanità, che hanno portato al decesso di più persone, possa continuare ad esercitare”.

Un monito sulla malasanità

La vicenda di Raffaele Arcella rappresenta un nuovo capitolo di malasanità in Italia e accende i riflettori su un sistema sanitario che necessita di maggiore controllo e trasparenza. La speranza è che questa condanna apra la strada a interventi concreti per prevenire ulteriori tragedie e garantire ai pazienti sicurezza e fiducia nei professionisti della sanità.

 

 

 

 

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