Caso camici
Scoppia un caso sui camici e altri dispositivi di protezione forniti alla Regione Lombardia dalla Dama spa, azienda di cui la moglie di Attilio Fontana, Roberta Dini, è socia per il 10%, mentre la quota maggioritaria è controllata dal cognato del governatore, Andrea Dini, che ha il ruolo di ceo. È un servizio di Report, anticipato dal Fatto, a sollevarlo. Il governatore ha querelato il quotidiano: «Notizie artefatte», ha commentato, assicurando che si è trattato di una donazione e non di una fornitura dietro compenso. «L’inchiesta di Report è molto precisa e circostanziata», la replica.
La stessa trasmissione ha chiarito che in un primo momento per l’ordine era previsto un pagamento da 513 mila euro, ma poi le fatture sono state stornate a maggio, circa un mese dopo. In ogni caso, si è presto riaccesa la polemica politica, che vede ancora una volta sotto accusa il Pirellone, con Pd e 5 Stelle all’attacco, mentre il centrodestra si è schierato al fianco del suo governatore.
I fatti
I fatti risalgono al 16 aprile. In piena pandemia, la Regione, attraverso la sua centrale acquisti Aria, ha ordinato alla società Dama spa con una «procedura negoziata, senza gara d’appalto» — spiega la trasmissione della Rai — «75 mila camici e 7000 tra cappellini e calzari. Il tutto per un valore di 513 mila euro». La replica di Aria è che si è trattato di una donazione: la Regione non ha speso un euro. Report contesta che si tratta di un’aggiudicazione e che nella lettera della Regione «si specifica infatti che il pagamento avverrà tramite bonifico entro 60 giorni dalla data di fatturazione».
L’ad di Dama, Andrea Dini, erede di una famiglia di imprenditori di Varese che producono il marchio Paul and Shark, spiega in trasmissione: «È una donazione. Effettivamente i miei, quando io non ero in azienda durante il Covid, hanno male interpretato la cosa, ma poi dopo io sono tornato, me ne sono accorto e ho immediatamente rettificato tutto perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione. Le carte ad Aria ci sono tutte. Abbiamo fatto note di credito, abbiamo fatto tutto. Mai preso un euro e non ne avremo mai neanche uno». E nella stessa inchiesta si riporta lo storno delle fatture il 22 maggio.
Le reazioni
«Si tratta dell’ennesimo attacco politico vergognoso, basato su fatti volutamente artefatti e scientemente omissivi per raccontare una realtà che semplicemente non esiste», è stata la reazione di Attilio Fontana. «Non sapevo nulla della procedura attivata da Aria — prosegue il governatore — e non sono mai intervenuto in alcun modo. Non vi e stato da parte mia alcun intervento». Il governatore assicura che «la Regione Lombardia attraverso la stazione appaltante Aria SpA non ha eseguito nessun pagamento per quei camici e l’intera fornitura e stata erogata dall’azienda a titolo gratuito».
Attacca il Pd, con la sottosegretaria Simona Malpezzi: «Si tratta di una vicenda imbarazzante e inopportuna. Sarà stato un malinteso, sarà che poi il mezzo milione (non miliardo) è stato stornato», afferma Simona Malpezzi, sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento. I 5 Stelle chiedono le dimissioni di Fontana: Adesso abbiamo anche donazioni a pagamento! Una “gara non gara” avvenuta a insaputa dei protagonisti ma per errore dei collaboratori e quindi, a quanto pare quella che doveva essere una donazione si è trasformata in acquisto per poi ritrasformarsi in donazione, magie che solo i leghisti possono fare nonostante intorno a loro ci fossero migliaia di morti», dice Massimo De Rosa, consigliere lombardo del Movimento.
Solidarietà
«Totale solidarietà e sostegno al presidente Fontana. Sacrosanta la sua decisione di trascinare in tribunale gli autori dell’ennesimo attacco mediatico nei suoi confronti. Allo stesso modo ci auguriamo che la Rai non si renda a sua volta megafono dell’ormai evidente disegno politico studiato a tavolino per colpire il governatore della Lombardia e destabilizzare la guida di un’intera regione», dichiarano i parlamentari della Lega nella commissione di Vigilanza Rai: Paolo Tiramani (capogruppo), Massimiliano Capitanio, Dimitri Coin, Igor Iezzi, Giorgio Maria Bergesio, Umberto Fusco e Simona Pergreffi. (Corriere della Sera)
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