Filippo Turetta, la lettera dal carcere: «Non ho mai chiesto scusa, nessuno può perdonarmi»
La sentenza prevista per domani, 3 dicembre: cosa rischia il 22enne
Filippo Turetta, accusato dell’omicidio pluriaggravato della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, si prepara ad affrontare la sentenza definitiva il 3 dicembre 2024. L’udienza, prevista davanti alla Corte d’Assise di Venezia, potrebbe segnare un punto di non ritorno per il ventiduenne, che rischia l’ergastolo.
Le Parole dal Carcere: Un Pentimento Incompleto
Dal carcere di Montorio, dove è detenuto dal 25 novembre 2023, Filippo Turetta ha scritto una lettera che esprime profondo pentimento. Tuttavia, la consapevolezza del peso delle sue azioni lo porta a ritenere il perdono irraggiungibile. «Le scuse mi sembrano così minuscole rispetto al dolore che ho causato», ha scritto, sottolineando come il suo rimorso sia lontano dal lenire il dolore provocato. Turetta ha definito le sue azioni «terribili e gravi», aggiungendo che il perdono, anche se concesso, non sarebbe autentico.
Nella lettera, Turetta dichiara di non aver mai chiesto perdono: «Non mi sentirei di farlo, sarebbe ridicolo e fuori luogo. Mi dispiace infinitamente per tutto quello che ho fatto». Le sue parole evidenziano un tormento interiore e il riconoscimento di un gesto irreparabile.
Un Rapporto Malato: Ossessione e Controllo
La relazione tra Filippo Turetta e Giulia Cecchettin era ormai deteriorata da tempo, degenerando in una spirale di manipolazione e ossessione. Turetta percepiva Giulia come l’unico pilastro della sua vita, incapace di accettare la fine della relazione. «O lei o niente», aveva scritto pochi giorni prima del delitto, rivelando un pensiero intriso di possesso e rabbia.
Quando i suoi tentativi di ricatto emotivo non hanno ottenuto l’effetto desiderato, Turetta ha scelto una strada estrema. «Mi sembrava ingiusto che io soffrissi così tanto mentre lei poteva vivere normalmente», ha confessato. Queste parole riflettono una mentalità ossessiva che ha portato all’omicidio l’11 novembre 2023.
La Vita in Carcere: Tra Riflessioni e Rieducazione
A Montorio, Turetta conduce una vita scandita da attività di rieducazione: corsi di inglese, musica e palestra. Pur mostrando un comportamento rispettoso e collaborativo, il ventiduenne affronta un percorso interiore complesso. Nella sezione dedicata a detenuti accusati di violenze di genere, Turetta ha trovato uno spazio per riflettere e scrivere. Tuttavia, le sue lettere evitano il nome di Giulia, a testimonianza del peso dell’accaduto.
La Sentenza: Ergastolo o Pena Ridotta?
La sentenza, attesa per domani, sarà il culmine di un processo durato circa due mesi. Il pubblico ministero Andrea Petroni ha richiesto l’ergastolo, ritenendo che la crudeltà e la premeditazione dell’omicidio rendano inevitabile questa condanna. Gli avvocati della difesa, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, puntano invece su una pena più mite, considerando l’età e l’incensuratezza dell’imputato.
La Corte d’Assise dovrà valutare se le aggravanti contestate, come la premeditazione e lo stalking, giustifichino il massimo della pena. Per l’accusa, l’omicidio è stato l’ultimo atto di un controllo ossessivo sulla vittima, laureanda in ingegneria biomedica, tormentata con messaggi continui e minacce di suicidio.
Un Caso Simbolo della Lotta al Femminicidio
L’omicidio di Giulia Cecchettin ha scosso profondamente l’opinione pubblica, diventando simbolo della lotta al patriarcato e alla violenza di genere. La sentenza del 3 dicembre non sarà solo il verdetto su un delitto, ma un messaggio alla società su quanto sia cruciale contrastare le dinamiche tossiche nei rapporti interpersonali.