La vicenda
Amanda Tosi, la 22enne spintonata dal fidanzato e caduta nel mare di Nisida, sta meglio ma non si può considerare fuori pericolo. Da mercoledì notte è ricoverata nel Reparto di Rianimazione del II Policlinico di Napoli in prognosi riservata ma la ventilazione assistita potrebbe essere interrotta nelle prossime 48 ore. Per Gennaro Maresca, il fidanzato accusato di tentato omicidio, è prevista la convalida dell’arresto questa mattina. L’indagato, difeso dal penalista Mario Petrazzuolo, avrà la possibilità di replicare alle accuse nel corso dell’inchiesta condotta dai pm Cristina Curatoli e Enrica Parascandolo e dall’aggiunto Rosa Volpe. Tra i testimoni di quella tragica serata c’è anche Damiano Preni, il buttafuori 28enne che, senza esitazione, si è tuffato a mare per salvare Amanda.
«È successo tutto all’improvviso. Mercoledì sera sorvegliavo l’ingresso del locale dove la coppia stava trascorrendo la serata fino a quando, presi da un litigio, sono usciti in strada. Per la mia professione sono abituato a prestare attenzione e tenevo d’occhio i due ragazzi perché gridavano ed erano agitati. Nel frattempo controllavo gli ingressi e, a un certo punto, ho visto un gruppo di persone allontanarsi di corsa e ho sentito urlare “l’ha buttata giù”. Mi sono precipitato vicino al muretto dove la ragazza era caduta e l’ho vista in acqua, rivolta a pancia in giù. Non ho pensato più a nulla, solo a tuffarmi e prenderla».
La testimonianza
«Ricordo ogni istante e non lo dimenticherò mai. Ho buttato a terra il cellulare e mi sono tuffato con il giubbotto addosso perché non volevo perdere tempo. Amanda era incosciente e cercavo di afferrarla e metterla sulle mie spalle, arrampicandomi sugli scogli con il braccio libero. La prima cosa è stata rivolgerle la testa fuori dall’acqua e in quel momento ho notato che le usciva schiuma dalla bocca. Il suo corpo era diventato molto pesante e scivolavo sugli scogli. Ho chiesto aiuto alle persone che erano affacciate a guardare e due ragazzi mi hanno dato una mano a salire sulla scogliera con la ragazza sulle spalle. Infine l’ho sistemata sul marciapiede, posizionandola su di un lato per farle uscire l’acqua dalla bocca e quando si è avvicinato un infermiere, mi sono allontanato».
«Li ho visti per la prima volta mercoledì, erano insieme ad un’altra coppia di amici. Ho notato che, a un certo punto, avevano cominciato a litigare con i cellulari in mano e mentre si allontanavano dal locale, lei gli aveva dato uno schiaffo. Discutevano animatamente, per questo motivo cercavo di tenerli d’occhio, anche se si erano allontanati molto dal locale. Quando mi sono tuffato in acqua non sapevo neanche che si chiamasse Amanda e l’ho scoperto solo dopo quando ho cercato di avere sue notizie andando all’ospedale San Paolo e poi al Policlinico. Volevo sapere come stava e ho cercato di parlare con i medici fin quando ho saputo che l’avevano ricoverata in Rianimazione.
Assurda storia
«Voglio solamente che stia bene. Non so cosa sia potuto accadere esattamente ma una ragazza di 22 anni deve assolutamente vivere. La sera che l’ho presa dall’acqua non ho dormito ma anche ora continuo ad essere preoccupato e cerco di avere sue notizie, sperando che possa riprendersi. Vorrei incontrarla quando starà meglio e, in questo momento, mi piacerebbe conoscere i suoi genitori perché quando capita qualcosa come quello che ho vissuto, le persone ti rimangono dentro e non puoi dimenticarle più. È una questione di umanità. Auguro ad Amanda di uscire al più presto dall’ospedale e sono veramente felice che stia meglio». (Il Mattino)
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