Impagnatiello, la famiglia di Giulia Tramontano: «E' il fallimento dell'umanità e del rispetto»
Chiara: «Assistere al processo per il suo omicidio è stato come vederla morire una seconda volta»
La famiglia di Giulia Tramontano, vittima di un efferato omicidio avvenuto il 27 maggio 2023, ha espresso profondo sdegno per le dichiarazioni rilasciate dalla difesa di Alessandro Impagnatiello, accusato di averla uccisa mentre era al settimo mese di gravidanza. Attraverso una nota, Chiara Tramontano, sorella di Giulia, e i suoi familiari hanno condiviso il loro dolore per il modo in cui la difesa ha presentato l’accaduto. «Assistere al processo è stato come vederla morire una seconda volta», hanno scritto. Le parole dell'avvocato difensore, che ha definito l’atto di Impagnatiello come un «grave gesto» quasi minimizzandone la gravità, sono apparse alla famiglia come «offensive e insensibili».
La richiesta di riduzione delle aggravanti e l'indignazione della famiglia
Nel corso del processo, le legali di Impagnatiello, Giulia Geradini e Samanta Barbaglia, hanno chiesto l’eliminazione delle aggravanti di premeditazione, crudeltà e futili motivi, appellandosi invece alle attenuanti generiche. La Procura ha contestato questa linea difensiva, ritenendo il delitto frutto di una fredda pianificazione e non di un «errore madornale» o di una «condotta grossolana» come definito dagli avvocati. La difesa, inoltre, ha sostenuto che Impagnatiello stia vivendo un forte «senso di colpa» per l’accaduto, chiedendo una «giusta pena» senza riconoscere la premeditazione e la ferocia dell'omicidio.
La famiglia di Giulia ha accolto con profonda amarezza questa richiesta, sostenendo che «non può esserci una giusta pena per un essere così misero». Secondo i familiari, il tentativo della difesa di ridurre le aggravanti rappresenta un «fallimento dell’empatia e del rispetto» per la vittima e la sua famiglia, offendendo non solo la memoria di Giulia ma anche la sensibilità di chi è rimasto.
«Un simbolo del fallimento dell’umanità e del rispetto»
Per la famiglia di Giulia, il comportamento e le parole di Alessandro Impagnatiello sono emblematici di una totale assenza di umanità e di sensibilità. I familiari descrivono l’omicidio come il «fallimento dell'umanità, della socialità, della famiglia e del rispetto dei sentimenti altrui». L’intera vicenda è stata vissuta dalla famiglia come una «teatrale rappresentazione della mancanza di empatia» verso una giovane vita spezzata brutalmente, aggiungendo dolore a un lutto che rimane insanabile.
La «triade oscura» di Impagnatiello: narcisismo, psicopatia e manipolazione
Durante il processo, la pm Alessia Menegazzo ha descritto il profilo psicologico di Impagnatiello, delineando una personalità dominata da una «triade oscura». Secondo i periti, l’ex barman, capace di intendere e volere al momento dell’omicidio, presenta tratti «psicopatici, narcisistici e machiavellici», che includono una spiccata capacità di mentire e manipolare, oltre a una totale assenza di rimorso. Questo «narcisismo mortale», come definito dagli esperti, ha consentito a Impagnatiello di agire in modo freddo e calcolato, aggravando la percezione di quanto accaduto e alimentando la richiesta di giustizia.
Verso la sentenza: possibile ergastolo per Impagnatiello
Il prossimo 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è attesa la sentenza di primo grado per Alessandro Impagnatiello. La Procura di Milano ha richiesto la condanna all'ergastolo, con un ulteriore isolamento diurno per 18 mesi, una pena esemplare in considerazione della gravità e della brutalità del crimine. La sentenza è particolarmente significativa poiché arriva in un giorno simbolico, con un messaggio forte contro la violenza di genere, mentre la famiglia di Giulia e tutta la comunità sperano che venga fatta giustizia per una giovane vita spezzata troppo presto.