L'inchiesta dell'International Consortium of Investigative Journalists, in collaborazione con Finance Uncovered e "L'Espresso", ha rivelato che il Metropolitan Museum detiene un triste primato nel possesso di opere rubate. Secondo i giornalisti coinvolti nella ricerca, il museo avrebbe oltre mille oggetti provenienti da persone coinvolte in furti di manufatti e antichità, più della metà dei quali privi di documentazione sulla loro provenienza. Paesi come Egitto, Grecia, India e l'Italia sono tra i più colpiti, con il contrabbando di antichità che risulta essere strettamente collegato alla mafia.

Nato successivamente ai grandi musei europei, il Metropolitan rappresentava l'aspirazione dell'America a un ruolo di rilievo nella scena culturale mondiale. Tuttavia, il desiderio di competere con i prestigiosi musei delle capitali europee ha portato a pratiche di acquisizione poco scrupolose che sono perdurate anche dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e l'istituzione dell'Unesco.

Negli anni '60 e '70, sotto la direzione di Thomas Hoving, il museo sembra aver continuato ad acquisire opere di dubbia provenienza, facendo affari con personaggi dal discutibile background, come Robert Hecht e Jonathan P. Rosen, entrambi oggetto di indagini in Italia negli anni '90, ma poi prescritte.

Nel 1972, il Met acquistò dallo stesso Hecht il famoso "Cratere di Euphronios" per 1 milione di dollari, un vaso dipinto con scene dell'Iliade proveniente da una tomba di Cerveteri. Negli anni '80 e '90, il banchiere newyorkese Jonathan Rosen, ex socio di Hecht, contribuì a riempire il museo con oltre 800 oggetti antichi.

Nonostante le dichiarazioni del museo riguardo alle attuali politiche di acquisizione rigorose, oltre 300 oggetti coinvolti nell'inchiesta sono ancora esposti nelle gallerie del Metropolitan Museum.

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