Mena De Mare mamma di Santo Romano
Mena De Mare mamma di Santo Romano

Mena De Mare, madre di Santo Romano, il calciatore 19enne ucciso a San Sebastiano al Vesuvio da un giovane di 17 anni, ha raccontato con dolore e incredulità gli attimi che hanno segnato la sua vita. Ospite del programma Porta a Porta, Mena ha spiegato come ha saputo della tragedia che ha coinvolto suo figlio: «Mi ha chiamato l'altro mio figlio. Mi ha detto 'mamma non ti spaventare, vieni in ospedale: hanno sparato a Santo in una gamba'. A quel punto, ho chiamato sul telefono di Santo per sapere se stava bene, ma mi ha risposto un amico. Gli ho detto dimmi la verità. E lui mi ha risposto: 'L'hanno sparato in petto, corri in ospedale'».

La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno, e da quel momento la vita della madre di Santo è cambiata per sempre. La tragedia ha travolto la famiglia in un istante, e Mena, come tutte le madri che subiscono un tale dolore, ha cercato di comprendere come fosse potuto accadere.

Il dolore della madre e la rabbia per la criminalità

Nel suo intervento a Porta a Porta, Mena ha espresso il suo sgomento per quanto accaduto, chiedendosi perché dei minorenni siano liberi di girare armati per strada. "Non mi spiego perché questi minorenni vanno in giro così. Forse hanno troppo libertà di fare e a Napoli vige la convinzione che non pagano per quello che fanno, non vengono puniti", ha dichiarato la donna. Un’accusa severa, che fa riflettere sulla gestione della criminalità giovanile, in particolare in città dove la paura e la violenza sembrano dilagare.

La domanda sulle responsabilità genitoriali

Mena ha anche voluto esprimere il suo pensiero riguardo ai genitori del giovane che ha ucciso suo figlio: "Voglio incontrarli? No. Abbiamo saputo dai social che hanno scritto una lettera. Faccio la stessa domanda: i genitori, se fosse stato il contrario, avrebbero voglia di incontrare me?". La madre di Santo, afflitta dal dolore, ha chiaramente affermato che in un momento così difficile non ci sarebbe nulla che potesse calmare la sua rabbia e la sua sofferenza.

La richiesta di certezza della pena

A sostegno della famiglia di Santo si è schierato anche il padre di Francesco Pio Maimone, un altro giovane ucciso a Napoli in circostanze simili. «Siamo abbandonati, oggi la criminalità è dappertutto. Deve esserci una certezza della pena, un minorenne che commette un omicidio non lo possiamo mandare a casa», ha dichiarato il padre di Francesco, sollevando il tema della giustizia e delle punizioni per i minorenni che compiono crimini così gravi. «Un ragazzo di 17 anni commette un omicidio, il suo avvocato dice che c'è infermità mentale e non è idoneo al carcere, ma che facciamo? Mettiamo una mina vagante per strada?», ha aggiunto, con rabbia e preoccupazione per la sicurezza della comunità.

Il caso di Santo e Francesco Pio ha sollevato un dibattito sulla gestione della criminalità giovanile, sulla giustizia per i minorenni e sulle misure da adottare per evitare che tragedie come queste si ripetano. In molte parti di Napoli, infatti, si vive con la paura che la violenza tra i giovani diventi la norma. Un grido di dolore e di giustizia che non sembra trovare risposte adeguate.

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