stephano quinto

La notte di Capodanno a Roma si è trasformata in un incubo per Stephano Quinto, un giovane 26enne di origini peruviane, e il suo compagno Matteo. Vittime di una feroce aggressione omofoba nel quartiere Malatesta, i due giovani portano ancora i segni fisici e psicologici di quella notte.

L'inizio degli insulti: un clima di odio

Tutto è iniziato intorno alle nove di sera, mentre la coppia si dirigeva verso una cena con amici. Passando sotto un balcone di via Gabrino Fondulo, un gruppo di ragazzi ha iniziato a lanciare insulti omofobi come «ricchioni» e «fr… di m…». Stephano e Matteo hanno ignorato le provocazioni, cercando di non rovinare la serata.

Il ritorno lungo via Fondulo: l'agguato

Dopo la cena, intorno all'una di notte, la coppia è tornata a casa passando nuovamente sotto lo stesso balcone. Il gruppo era ancora lì. Gli insulti si sono intensificati, trasformandosi in minacce dirette: «Adesso scendo e vi meno». Matteo ha cercato di calmare la situazione, ma in pochi secondi il gruppo è sceso in strada.

Il pestaggio violento

Inizialmente erano in quattro, poi altri si sono aggiunti fino a diventare una decina. Stephano e Matteo sono stati accerchiati, insultati e brutalmente picchiati. «Quando sono finito a terra mi hanno preso a calci, a pugni. Mi hanno sputato addosso mentre gridavano: ‘Ti piace così fr… di m…?’», racconta Stephano.

La minaccia con il cellulare e la fuga del gruppo

Matteo è riuscito a prendere il cellulare e minacciare il gruppo di registrare tutto e consegnare il video ai carabinieri. Una delle ragazze presenti, padrona dell'appartamento, ha insistito perché il video venisse cancellato. Alla fine, il gruppo si è disperso.

L'intervento dei soccorsi e le indagini

I residenti sono scesi in strada, ma ormai il pestaggio era concluso. La coppia è stata trasportata in ospedale, dove sono stati refertati 25 giorni di prognosi. Ora i carabinieri stanno indagando, analizzando le telecamere di sorveglianza della zona.

Il trauma psicologico

Stephano racconta il terrore che continua a vivere: «Ho paura, non esco più di casa. Non so se riuscirò a lavorare ancora. Ogni giorno temo di incontrare di nuovo quei ragazzi». Il giovane, che lavora come badante, si trova ora in una condizione di profondo disagio emotivo.

Questa aggressione è l'ennesimo segnale di un problema profondo e irrisolto: l'omofobia. È necessario un intervento concreto da parte delle istituzioni per garantire sicurezza e protezione a tutte le persone, indipendentemente dal loro orientamento sessuale.

L'intera comunità chiede giustizia per Stephano e Matteo. La violenza omofoba non deve essere tollerata né sottovalutata. Ogni atto di odio rappresenta una ferita per l'intera società, che deve impegnarsi per costruire un futuro più inclusivo e rispettoso.

 

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