Il ricambio naturale della popolazione in Italia appare “sempre più compromesso”: nel 2019 si registra un saldo naturale pari a -212 mila unità, frutto della differenza tra 435 mila nascite (il dato più basso mai registrato) e 647 mila decessi. Sono alcuni degli indicatori demografici 2019 diffusi dall’Istat. Si tratta “del più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal Paese dal 1918″: per ogni 100 residenti morti arrivano soltanto 67 neonati. Dieci anni fa erano 96. Il numero medio di figli per donna è di 1,29, mentre è di 32,1 anni l’età media al parto. La conseguenza è l’ennesimo calo della popolazione: al primo gennaio 2020 i residenti ammontano a 60 milioni 317 mila, 116 mila in meno su base annua. È il quinto anno consecutivo che la popolazione registra una contrazione. Il calo affligge soprattutto le regioni del Mezzogiorno. Particolarmente critica la dinamica demografica di Molise e Basilicata che nel volgere di un solo anno perdono circa l’1% delle rispettive popolazioni. La Sardegna - che è la migliore - viaggia nel 2019 a ritmi di variazione della popolazione pari al -5,3 per mille.
La preoccupazione di Mattarella. “Chi è anziano come me ha ben presente l’abbassamento di scala della natalità nelle generazioni. Due generazioni prima della mia, i figli erano numerosi; poi si sono ridotti ancora. E questo è un problema che riguarda l’esistenza del nostro Paese” afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Il dato dell’Istat più recente di questi giorni indica che il numero delle famiglie in Italia è diminuito considerevolmente. Come conseguenza dell’abbassamento di natalità vi è un abbassamento del numero delle famiglie. Questo significa che il tessuto del nostro Paese si indebolisce e va assunta iniziativa per contrastare questo fenomeno”. Il capo dello Stato ha rimarcato che “le famiglie non sono il tessuto connettivo dell’Italia, le famiglie sono l’Italia. Perché l’Italia non è fatta dalle Istituzioni ma dai suoi cittadini, dalle persone che vi vivono”.
  Aumenta, prosegue l’Istat, parallelamente, il numero di italiani che emigrano all’estero. Nel 2019 sono 120 mila, 3 mila in più rispetto all’anno precedente, i residenti di nazionalità italiana cancellati per l’estero. Secondo il report Istat, il saldo migratorio con l’estero nel 2019 risulta positivo per 143 mila unità: a fronte di 307 mila iscrizioni anagrafiche dall’estero si hanno solo 164 mila cancellazioni. Dato in evidente calo se confrontato con quello del biennio precedente (in media oltre 180 mila unità aggiuntive annue) e persino al di sotto della media degli ultimi cinque anni (+156 mila). Dal lato delle iscrizioni si assiste a una sostanziale riduzione del volume complessivo se confrontato con quello del biennio precedente, con 25 mila ingressi in meno rispetto al 2018 e 34 mila sul 2017. Parallelamente, si assiste a un nuovo rialzo delle cancellazioni per l’estero che raggiunge il livello più alto da che sono disponibili statistiche omogenee sul fenomeno (1981). Ma mentre i movimenti in ingresso sono per lo più dovuti a cittadini stranieri, 265 mila, oltre 20 mila in meno sull’anno precedente (ma in ogni caso preponderanti rispetto agli appena 43 mila rimpatri di italiani), sul versante dei movimenti in uscita la quota prevalente è da attribuire ai cittadini italiani, appunto circa 120 mila; le emigrazioni di stranieri (certificate da una cancellazione anagrafica) riguardano soltanto 44 mila individui (4 mila in più). La speranza di vita alla nascita per le donne è di 85,3 anni, mentre è di 81 anni per gli uomini, rileva ancora l’Istat. Per gli uni come per le altre l’incremento sul 2018 è pari a 0,1 decimi di anno, corrispondente a un mese di vita in più. Si segnala, inoltre, un ulteriore rialzo dell’età media: 45,7 anni al primo gennaio 2020.
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