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Dal 2025, chi desidera andare in pensione a 64 anni con il regime contributivo e 20 anni di contributi potrà sfruttare una nuova opportunità: cumulare l'importo della pensione pubblica con la rendita maturata presso un fondo di previdenza integrativa. Questa possibilità, introdotta da un emendamento alla Legge di Bilancio proposto dalla deputata della Lega Tiziana Nisini, punta a offrire maggiore flessibilità in uscita.

Tuttavia, ci sono delle condizioni:

  • L'assegno pensionistico dovrà essere pari ad almeno 3 volte l'assegno sociale, ossia circa 1.600 euro al mese.
  • A partire dal 2025, gli anni di contributi richiesti aumenteranno a 25, per poi arrivare a 30 dal 2030.

Cosa cambia rispetto a oggi

Attualmente, possono accedere alla pensione anticipata con 20 anni di contributi e 64 anni di età solo coloro che percepiscono un assegno pari a:

  • 3 volte la pensione minima per gli uomini.
  • 2,8 volte la pensione minima per le donne.

Con l’emendamento, sarà possibile raggiungere la soglia delle 3 volte includendo anche la rendita dei fondi pensione. Come ha sottolineato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, si tratta di un'importante novità per il sistema previdenziale italiano, che consentirà di cumulare previdenza obbligatoria e complementare per anticipare il pensionamento.

Un'opportunità per pochi?

Nonostante i benefici, la misura presenta alcune criticità:

  • Incremento dei contributi richiesti: Dal 2025, chi vuole cumulare la rendita dei fondi pensione dovrà aver versato 25 anni di contributi (e 30 dal 2030).
  • Requisito del reddito minimo: Dal 2030, la soglia minima per accedere salirà a 3,2 volte l’assegno sociale, ossia circa 1.700 euro al mese.

Secondo alcuni esperti, la possibilità di cumulare la pensione pubblica con i fondi integrativi rischia di favorire principalmente chi ha redditi più alti e una maggiore capacità di risparmio. Il quotidiano Repubblica definisce questa misura un “canale da ricchi”.

Le prospettive di riforma e le critiche

La Lega, con il sostegno del governo, mira a rendere questa opportunità disponibile anche a chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, introducendo una vera e propria riforma delle pensioni. Secondo Durigon, la nuova norma rappresenta un primo passo per superare la Legge Fornero e affrontare le difficoltà delle categorie più svantaggiate, come le lavoratrici part-time.

Tuttavia, le critiche non mancano. La Cgil sottolinea che molte persone, pur avendo lavorato una vita intera, rischiano di andare in pensione solo oltre i 71 anni. Questa situazione riguarda in particolare i 4 milioni di lavoratrici part-time, che non riescono a raggiungere i requisiti contributivi minimi.

La possibilità di cumulare previdenza pubblica e complementare rappresenta una novità significativa per il sistema previdenziale italiano, ma resta da vedere se sarà davvero accessibile a tutti. La riforma, prevista per entrare in vigore nel 2025, pone sfide importanti sia in termini di equità che di sostenibilità economica. I prossimi mesi saranno decisivi per definire i dettagli di questa nuova misura e il suo reale impatto sui lavoratori italiani.

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