Giulia Galiotto

Nel 2009, Giulia Galiotto è stata brutalmente uccisa dal marito Marco Manzini a Sassuolo (Modena). L’uomo, condannato a 19 anni e 4 mesi di carcere, è uscito nel 2022 grazie alla semilibertà e ha terminato di scontare la sua pena nel luglio 2024.

I giudici avevano stabilito un risarcimento di 1,2 milioni di euro per la famiglia della vittima, che però non ha mai ricevuto un centesimo. Eppure, l’Agenzia delle Entrate ha chiesto ai parenti di Giulia di pagare le tasse su quella somma, inviando cartelle esattoriali da circa 6.000 euro ciascuna a padre, madre e sorella della donna.

"È assurdo, ma noi non ci arrendiamo e faremo ricorso", dichiarano Giuliano, Giovanna ed Elena Galiotto.

Lavoro, pignoramento e licenziamento dell’omicida

Dopo essere stato ammesso alla messa alla prova con un lavoro nei servizi sociali, Manzini ha ottenuto un impiego a tempo pieno. La famiglia di Giulia aveva ottenuto il pignoramento di un quinto dello stipendio, ma nel luglio 2024, alla fine della pena, l’omicida si è licenziato, rendendo impossibile il risarcimento.

Oggi non è chiaro dove lavori, e il risarcimento ai parenti di Giulia è rimasto solo sulla carta.

La rabbia della famiglia: "Anche le istituzioni sono complici"

Giovanna Ferrari, madre della vittima, denuncia la beffa istituzionale:

"La violenza non è solo fisica, ma anche economica. Lo Stato ci chiede tasse su un risarcimento mai ricevuto. Noi possiamo permetterci di fare ricorso, ma quante famiglie meno abbienti rinunciano alla giustizia per evitare questa ingiustizia?"

Il femminicidio di Giulia Galiotto

Manzini aveva attirato Giulia con una scusa, poi l’aveva colpita alla testa con una pietra per nove volte, gettando il corpo nel fiume Secchia per inscenare un suicidio. Dopo aver finto preoccupazione con la famiglia della moglie, la verità è emersa e ha portato alla condanna.

Ora, con Manzini libero, la famiglia Galiotto non solo ha perso una figlia, ma si ritrova anche a dover pagare lo Stato per un risarcimento inesistente.

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