Morte di Andrea Purgatori, chiuse le indagini: "Poteva essere salvato”
I quattro medici indagati per la dipartita del giornalista rischiano il processo
La morte di Andrea Purgatori, avvenuta nel luglio 2023, potrebbe essere stata evitata. È questa la conclusione a cui è giunta la Procura di Roma al termine delle indagini sull’episodio. Quattro medici, tra cui il radiologo Gianfranco Gualdi, il suo assistente Claudio Di Biasi, la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo e il cardiologo Guido Laudani, sono accusati di omicidio colposo. Le negligenze commesse nel corso del trattamento del giornalista avrebbero aggravato le sue condizioni, riducendo drasticamente le sue possibilità di sopravvivenza.
Un trattamento non necessario e debilitante
Secondo gli inquirenti, il punto di partenza degli errori sarebbe stata un’errata diagnosi formulata dal radiologo Gualdi. Questi avrebbe indicato con decisione la necessità di sottoporre Purgatori a cure radioterapiche immediate, nonostante si trattasse di una terapia non necessaria e debilitante. Questa scelta, oltre a essere priva di utilità, avrebbe sviato gli altri medici coinvolti dal trattamento delle reali patologie che affliggevano il paziente. Infatti, oltre al tumore al polmone, Purgatori soffriva di lesioni cerebrali di natura ischemica e di un quadro di embolizzazione pluriviscerale, problematiche che non vennero adeguatamente affrontate.
Il futuro giudiziario
Gli errori medici non solo avrebbero sottoposto il giornalista a trattamenti inutili, ma avrebbero anche pregiudicato un approccio diagnostico e terapeutico più mirato, che avrebbe potuto migliorare la sua aspettativa di vita. Per questo motivo, i quattro medici sono ora sotto accusa, e il giudice per l’udienza preliminare (GUP) deciderà se rinviarli a processo.
Una riflessione sulla responsabilità medica
Questa vicenda solleva interrogativi sulla qualità delle diagnosi e sull'importanza di un’attenta valutazione clinica, soprattutto in casi complessi come quello di Purgatori. La morte del noto giornalista non solo rappresenta una grave perdita per il panorama culturale e giornalistico italiano, ma anche un monito sul ruolo cruciale della responsabilità medica. Se le accuse saranno confermate, il caso evidenzierà come la superficialità e gli errori professionali possano avere conseguenze tragiche.