Bonus vacanze tra benefici, paure e rabbia degli albergatori
Tutti scontenti per le modalità con cui dovrebbe essere erogato il bonus vacanze che vale 2,4 miliardi di euro. Un tax credit con il quale, nel decreto Rilancio, si riconosce per il 2020 un credito alle famiglie con un Isee non superiore a 40mila euro per i pagamenti legati a servizi offerti in Italia dalle imprese turistico ricettive, dagli agriturismi e dai bed&breakfast.
Nell’attesa dei decreti attuativi, non mancano le critiche sulle modalità di funzionamento e sui troppi ostacoli tecnici e burocratici che rischiano di impedirne l’applicazione in molti casi. E, soprattutto, potrebbero penalizzare alcune categorie, in primis gli albergatori a cui si chiede di anticipare i soldi per le vacanze degli italiani. In un momento già di per sé complicato.
COME FUNZIONA
L’importo del tax credit è modulato in base al numero dei componenti del nucleo familiare: 500 euro per le famiglie composte da 3 o più soggetti, 300 per quelle di due persone e 150 per i single. Il contributo potrà essere speso dal 1 luglio al 31 dicembre 2020. Per un 20% la somma sarà anticipata dal turista e poi recuperata come detrazione dall’imposta in sede di dichiarazione dei redditi dopo un anno, mentre per l’80% si tratta di uno sconto sul corrispettivo dovuto alla struttura (sarebbero, dunque, gli albergatori a dover anticipare il costo della vacanza), che poi lo recupererà sotto forma di credito d’imposta (quindi come compensazione di altri tributi) nel 2021, dopo la presentazione del modello unico nel 2021. La norma parla di ‘intesa del fornitore’, che dovrebbe quindi dare il consenso. Sempre che sia nelle condizioni di poter fare quanto gli si chiede.
IL NODO DELL’ANTICIPO
Sul piede di guerra, infatti, ci sono proprio gli albergatori che, prima di essere rimborsati, dovranno comunque pagare dipendenti e fornitori. Confindustria Alberghi ha fin da subito manifestato forti perplessità per un bonus, ha spiegato, che “per com’è formulato, pesa sugli alberghi costretti di fatto ad anticiparne l’80% del valore, ricevendone in cambio un ennesimo credito di imposta lungo e complicato che contrasta con le drammatiche esigenze di liquidità che caratterizzano in questo momento le aziende del settore” che vede il 96% dei lavoratori in cassa integrazione.
LA BUROCRAZIA CHE OSTACOLA
Le alternative? Invece di aspettare il rimborso come credito d’imposta, le strutture ricettive potranno cedere il credito ai propri fornitori, a privati, agli istituti di credito o intermediari finanziari. Lo scopo, infatti, era proprio quello di rendere il credito liquido attraverso le banche, ma l’iter ad oggi appare piuttosto complesso. Così come l’altra strada alternativa, ossia la detrazione fiscale sull’Iva o sull’Irpef. Per Federalberghi l’unico modo per uscire dall’impasse è quello di prevedere nei decreti attuativi la possibilità di poter depositare subito in banca il bonus appena ricevuto, ottenendo in cambio liquidità.
Il rischio è che molte strutture si vedano costrette a non accettare i bonus, vista la forte crisi con cui si stanno facendo i conti. Altri ostacoli sono stati evidenziati anche dall’Aidc (Associazione italiana dottori commercialisti): dalla richiesta dell’ISEE 2020 collegata a una situazione reddituale che sarà definita solo dopo le dichiarazioni annuali, a quella di emissione della fattura elettronica a soggetti che, per diritto, potrebbero anche esserne esonerati. Il tax credit sembrerebbe poi escludere gli affitti, così come il frazionamento dell’acquisto per soggiorni, ad esempio, presso più strutture.
L’ESCLUSIONE DELLE PIATTAFORME DIGITALI
Per accedere al credito, inoltre, è necessario che il pagamento del servizio venga corrisposto “senza l’ausilio, l’intervento o l’intermediazione di soggetti che gestiscono piattaforme o portali telematici diversi da agenzie di viaggio e tour operator”. E questo, oltre a rappresentare un grosso limite dal punto di vista dei beneficiari che magari sono soliti prenotare e pagare sui portali telematici, lo è anche per le stesse piattaforme che parlano di discriminazione. Lo hanno fatto, in audizione davanti alla Commissione Industria del Senato i country manager di Booking.com, Alberto Yates e di Airbnb, Italy and South East Europe, Giacomo Trovato. Una posizione sostenuta anche dal Codacons.
L’APPELLO DEGLI ALBERGATORI LOMBARDI
Nel frattempo, gli albergatori lombardi hanno lanciato l’allarme su 30mila posti di lavoro a rischio tra dipendenti fissi e collaboratori nelle 2.800 strutture ricettive della regione. “Abbiamo sperato e atteso” il decreto Rilancio, “ma gli aiuti sono insufficienti: apprezziamo sicuramente i contributi a fondo perduto e l’annullamento delle rate Imu, ma sono solo una goccia nel mare dei costi fissi che dobbiamo sostenere” ha spiegato Rocco Salamone, presidente di Atr, l’associazione degli albergatori della città metropolitana di Milano aderente a Confesercenti.
Il Tax Credit Vacanze
Dall’associazione si sottolinea che il Tax credit vacanze è dedicato principalmente alle strutture del Centro e Sud Italia che hanno un afflusso turistico estivo, mentre le città del Nord sono, di fatto, escluse. “In Lombardia il contributo del Tax credit vacanze sarà zero per quest’estate per la mancanza di turisti, soprattutto nelle città” spiega Salamone, secondo cui dalla formula scelta del credito d’imposta che gli hotel devono anticipare “sembra quasi che il governo non abbia chiaro quanto il nostro problema oggi sia la liquidità per pagare fornitori, mutui e stipendi”. Una situazione drammatica: “Oggi il 90% dei nostri associati a Milano ha deciso di non riaprire e chi lo ha fatto lo sta facendo in perdita”.(IlFattoQuotidiano)
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