Turetta, Gino Cecchettin, avvocato Filippo
Turetta, Gino Cecchettin, l'avvocato Filippo

Durante l’udienza del 3 dicembre davanti alla Corte d’Assise di Venezia, i legali di Filippo Turetta hanno esposto la loro strategia difensiva, cercando di ridimensionare le aggravanti formulate dai pubblici ministeri. Per Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, Turetta, accusato dell’omicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, non avrebbe agito con premeditazione, né con crudeltà. Secondo la difesa, il gesto non sarebbe stato pianificato, ma frutto di un’insicurezza cronica del ragazzo, che lo avrebbe portato a compiere un’azione impulsiva.

Queste parole hanno suscitato l’ira di Gino Cecchettin, padre di Giulia, che ha espresso il suo sdegno attraverso un post su Facebook. «Ho sentito di nuovo l’offesa e l’umiliazione alla memoria di Giulia», ha scritto, sottolineando che sebbene la difesa sia un diritto inviolabile, «esistono limiti dettati dal buon senso e dal rispetto umano».

La strategia dei legali: un’analisi controversa

Gli avvocati di Turetta hanno contestato le principali aggravanti, cercando di smontare l’accusa di premeditazione, crudeltà e atti persecutori. Secondo Caruso, «Filippo non ha agito con freddezza, ma in modo confuso e impulsivo», citando la lista delle cose da fare trovata quattro giorni prima del delitto come prova di un tentativo di rapimento e non di un piano omicida.

Riguardo alla crudeltà, il legale ha sottolineato che le 75 coltellate inferte a Giulia sarebbero «il risultato di una violenza cieca e insicura», negando la presenza di una condotta calcolata. Inoltre, sullo stalking, Caruso ha sostenuto che «non è stato un elemento costante della relazione», affermando che la tossicità nel rapporto si sarebbe manifestata solo nell’ultimo periodo, pochi mesi prima del tragico epilogo.

La risposta di Gino Cecchettin: «Una ferita che si riapre»

Le affermazioni della difesa hanno riacceso il dolore di Gino Cecchettin, che ha definito queste parole un’umiliazione alla memoria di sua figlia. «Travalicare il limite del buon senso aumenta il dolore dei familiari e suscita indignazione in chi assiste», ha scritto. Le sue parole evidenziano il peso emotivo che simili affermazioni possono avere per i cari della vittima, che si trovano a dover rivivere il trauma del femminicidio attraverso le dinamiche del processo.

Verso il verdetto: la questione delle attenuanti

Gli avvocati di Turetta hanno insistito anche sulle attenuanti, dipingendo l’imputato come un giovane consapevole del suo errore e disposto a collaborare. Hanno ricordato che Turetta, al momento dell’arresto in Germania, avrebbe confessato il delitto, consegnato le password dei suoi dispositivi e si sarebbe detto disponibile a ricostruire i movimenti compiuti dopo l’omicidio. «Non è più quello del 2023», hanno dichiarato i legali, presentandolo come un uomo cambiato.

La Corte d’Assise emetterà la sentenza la prossima settimana. Per la famiglia Cecchettin e per l’opinione pubblica, questo verdetto rappresenterà non solo una decisione giudiziaria, ma anche un simbolo della lotta contro il femminicidio e la violenza di genere.

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