«Negli ultimi cinque anni, in media, ho affrontato 4 casi all’anno di bambini con malattia di Kawasaki (un’infiammazione acuta dei vasi di piccolo e medio calibro di tutti i distretti dell’organismo la cui causa è attualmente sconosciuta, ndr), quest’anno siamo già a 16. E sa quanti ne sono arrivati solo da domenica ad oggi? Ben 4. Com’è possibile? Mai così tanti, peraltro tutti “complicati” e tutti con sierologia positiva al Covid-19. Sia chiaro, noi non abbiamo ancora la conferma ufficiale che la malattia sia legata al Coronavirus ma se 1+1 fa 2, faccia lei…». A parlare a Open è Lucio Verdoni, reumatologo pediatra dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
Proprio il Giovanni XXIII è quello che più si è sbilanciato nella valutazione di quella che può apparire anche una coincidenza, spiegando come «da queste evidenze i pediatri del Papa Giovanni, D’Antiga, Verdoni e l’allergologo Angelo Mazza hanno trovato delle chiare prove che confermano che, per la casistica degli ultimi due mesi, il responsabile è questo nuovo Coronavirus».
L’incidenza della malattia è di «30 volte superiore al passato»
Verdoni è un medico in trincea, lavora in uno dei comuni italiani più duramente colpiti dalla pandemia: «Spero che questi casi si fermino qui e che non ce ne siano ancora altri. Prima, infatti, aiutavo gli “adulti” positivi al Covid-19, adesso stanno arrivando i bambini che, fortunatamente, dopo il trattamento si riprendono» aggiunge. Alcuni di loro, però, sviluppano una malattia secondaria. Numeri alla mano, aggiunge Verdoni, l’incidenza della sindrome infiammatoria, nell’ultimo mese, è stata di «30 volte superiore al passato» ma solo una piccola minoranza di bambini infettati da SARS-CoV-2 «sviluppa la malattia di Kawasaki, sicuramente meno dell’1%».
Cosa è successo
Dopo la lettera pubblicata da
Open – in cui il professor Angelo Ravelli del Gaslini di Genova avverte i colleghi pediatri di strane infiammazioni che colpiscono i bambini e che potrebbero essere collegate al Coronavirus – si è aperto un dibattito sul tema. Un allarme che è stato lanciato prima di tutti dai medici inglesi e che poi è arrivato anche in Italia. Casi analoghi ci sarebbero anche in Piemonte, così come in Spagna e Portogallo. Troppi dubbi, troppe coincidenze che andranno presto chiarite. Attenzione, nessuna emergenza: fortunatamente i numeri sono bassi, ma i casi sono oggetto di studi sempre più approfonditi: «Abbiamo osservato che il Coronavirus potrebbe essere il fattore scatenante della malattia di Kawasaki» spiega ancora Verdoni a
Open non nascondendo le difficoltà incontrate nelle ultime settimane tra i pazienti di Covid-19: «Abbiamo visto cose orrende, abbiamo affrontato una situazione gravissima, quasi “mostruosa”, che ci lascerà il segno – ci confida – Il Coronavirus, dunque, ci ha insegnato che la medicina non è una scienza esatta».
Cosa dice la Federazione italiana dei medici pediatri
Il collegamento tra le sindromi infiammatorie nei bambini e la presenza del virus (in alcuni casi in bambini che hanno già superato il decorso della malattia) è a questo punto oggetto di studio in tutta Europa. La Federazione italiana dei medici pediatri si mostra prudente nel collegare Covid-19 e infiammazione. Nel documento che hanno appena diffuso spiegano: «In Italia abbiamo avuto due decessi in età pediatrica legati al Covid-19 che hanno colpito bambini già compromessi. È noto, inoltre, che il Coronavirus nei bambini ha un andamento generalmente benigno.
Talvolta può avere, come nell’adulto, un andamento in due fasi: la prima, quella legata al virus, di breve durata e normalmente benigna; la seconda, legata ad alterazioni immunologiche, che si manifesta in modo vario e a distanza di tempo variabile e va dalla grave tempesta citochinica – causa dello stato infiammatorio generalizzato – a una serie di altre problematiche che possano dar luogo a vasculiti (responsabili delle lesioni delle mani e dei piedi), fino a vere alterazioni della coagulazione che possono dar luogo alla formazione di trombi a livello polmonare fino alla gravissima coagulazione disseminata intramuscolare». La seconda fase, in teoria, si potrebbe anche «manifestare a distanza di tempo e spiegare così il perché dei tamponi negativi»: «Cogliamo l’occasione della segnalazione dei colleghi inglesi per farci trovare pronti a interpretare segnali premonitori e quindi segnalare l’insorgenza di casi anche qui in Italia», si legge. Fonte: Open
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