Coronavirus, la beffa della Cassa integrazione. Ecco i primi assegni: "Solo 200 euro".
Gli ammortizzatori sociali si rivelano un bluff almeno per quanto riguarda il rimborso del mese di marzo. I bonifici per la cassa integrazione in deroga non sono ancora arrivati e quando sono stati erogati, gli importi si rilevano molto modesti. Una doccia fredda per i tanti dipendenti che attendevano un risarcimento per l’interruzione dell’attività lavorativa a seguito del lockdown. Soprattutto per la cassa integrazione in deroga, prevista per le aziende fino a 5 dipendenti, l’importo dei bonifici inviati da Inps risulta molto spesso esiguo, talvolta quasi al limite del credibile. Sono molto frequenti i versamenti di 200 o 300 euro per coloro che hanno richiesto la cassa integrazione in deroga a marzo inoltrato. Ovvero la quasi totalità delle aziende che hanno dovuto interrompere l’attività, subito dopo l’inizio del lockdown. I DATI A questo si aggiunge un ulteriore danno: su 59mila pratiche di cassa integrazione in deroga inoltrate dalle aziende, gli assegni erogati da Inps - secondo i dati aggiornati al 12maggio sono solo 13mila877. I lavoratori che hanno beneficiato del sostegno sono poco più di 26mila, su una platea di oltre 130mila richiedenti. La motivazione dell’esiguità del sostegno economico risiede nell’impianto normativo degli ammortizzatori sociali e nel meccanismo di calcolo per la determinazione dell’importo. Tanto la cassa integrazione ordinaria quanto quella in deroga sono pari all’80% della busta paga del dipendente. E l’importo viene calcolato a partire dal momento in cui è stata interrotta l’attività. In estrema sintesi: per un lavoratore che prima dell’emergenza sanitaria percepiva uno stipendio di 1000 euro e che abbia interrotto l’attività il 16 marzo, ai fini del calcolo dell’importo della cassa integrazione per “Covid-19”, bisognerà sottrarre una quota pari al 20% ed un’altra quota pari ai 15 giorni antecedenti la chiusura. Dai 1000 euro iniziali bisognerà sottrarre dunque 200 euro - pari al 20% in meno - ed altri 500 circa, che corrispondono alle giornate in cui non era ancora maturato il diritto all’ammortizzatore sociale. E così si arriverà ad una quota di 300 euro. Un’altra limitazione prevista per la Cig è quella della quota massimale, che varia a seconda delle categorie. Per gli impiegati si aggira intorno ai 1200 euro mensili. «In moltissimi casi - spiega il segretario generale della Uil Giovanni Sgambati - la cassa integrazione non è pari all’80% della busta paga, ma è molto inferiore. Per un operaio metalmeccanico, ad esempio, si passa da 1600 euro mensili a circa 900 euro. Per i massimali abbiamo chiesto al governo un ritocco ma non c’è stato verso. Avrebbero dovuto fare un decreto per modificare i criteri ma non abbiamo ottenuto nulla. E c’è anche un’altra questione. Molti lavoratori vengono riconosciuti come part time, pur svolgendo attività full time. E così le cifre si dimezzano». I RITARDI Tra gli ammortizzatori sociali, il Fondo di Integrazione Salariale risulta ancora meno conveniente. «Gli importi- aggiunge Sgambati - sono ancora più bassi, si tratta appunto solo di un’integrazione. Per gli artigiani si arriva a volte a 600 euro». Anche per il Fondo di Integrazione Salariale i ritardi sono clamorosi. I Consulenti del lavoro sostengono che il 70% dei lavoratori non ha percepito, finora, nessun sostegno. La cassa integrazione è arrivata, invece, alle imprese che confluiscono nell’Ebac, l’ente per l’artigianato. «Con 6mila342 richieste sono 18mila i lavoratori che riceveranno gli ammortizzatori sociali in Campania», sottolinea il direttore dell’Ente Bruno Milo. Fonte: Il Mattino Leggi anche Fase 2 a Napoli, riaprono bar e ristoranti ma metà camerieri resta in cassa integrazione e chi lavora finisce part time. Seguici su Facebook 41esimoparallelo