Filippo Turetta
Filippo Turetta

L’omicidio di Giulia Cecchettin si configura come un crimine di estrema gravità, secondo il pubblico ministero Andrea Petroni, che ha richiesto l’ergastolo per Filippo Turetta, reo confesso. Durante la requisitoria tenutasi in Corte d’Assise a Venezia, il pm ha ricostruito dettagliatamente l’accaduto, sottolineando elementi di premeditazione, crudeltà e stalking, che aggravano il quadro accusatorio.

La premeditazione: una lista agghiacciante

Il pm ha evidenziato come il delitto non sia stato un gesto impulsivo, ma il culmine di una strategia pianificata nei minimi dettagli. Turetta avrebbe stilato una lista delle “cose da fare” già il 7 novembre 2023, quattro giorni prima del crimine. La lista includeva:

  • L’acquisto di scotch per immobilizzare la vittima,
  • Un calzino per tapparle la bocca,
  • Sacchi neri per occultare il corpo,
  • Coltelli,
  • Denaro contante e il rifornimento di benzina per l’auto.

Questi elementi dimostrano una pianificazione meticolosa, aggiornata giorno per giorno, mentre Turetta si preparava all’omicidio. Quando Giulia gli ha comunicato la sua intenzione di interrompere ogni rapporto, l’imputato ha iniziato a studiare luoghi per occultare il corpo e metodologie per evitare il tracciamento da parte delle forze dell’ordine, come l’eliminazione dei suoi profili social e l’utilizzo di mappe cartacee per la fuga.

I dettagli del crimine: brutalità e ossessione

L’omicidio di Giulia è avvenuto l’11 novembre 2023 e si è consumato in due fasi, durate complessivamente meno di 20 minuti. Sul corpo della vittima sono state riscontrate 75 ferite da arma da taglio, di cui:

  • 25 lesioni da difesa, evidenziando il disperato tentativo della giovane di salvarsi,
  • 50 coltellate dirette, tra cui quella mortale, che ha reciso un’arteria del collo e una vertebra.

Secondo il pm, tali dettagli indicano non solo l’intento omicida, ma una crudeltà estrema. Turetta, dopo il delitto, ha occultato il corpo in un luogo impervio vicino al lago di Barcis, utilizzando i sacchi neri per nasconderlo.

Una relazione tossica e l’escalation dello stalking

Il rapporto tra Filippo e Giulia, come ricostruito dai dialoghi social e dalle testimonianze, era segnato da ossessione e manipolazione. Giulia, negli ultimi mesi di vita, si era confidata con le amiche, dichiarando di aver paura di Filippo e di non voler avere più nulla a che fare con lui. Nonostante ciò, aveva accettato di incontrarlo l’11 novembre, in un gesto di cortesia che si è rivelato fatale.

Durante la requisitoria, Petroni ha sottolineato come Turetta abbia cercato di manipolare anche il processo, fornendo false giustificazioni: ha dichiarato di aver prelevato i soldi per fare shopping, di aver acquistato il nastro adesivo per fissare la pergamena della laurea di Giulia e di aver portato i coltelli per un presunto suicidio.

La richiesta dell’ergastolo: una pena esemplare

La requisitoria si è conclusa con la richiesta della pena massima: l’ergastolo. Tuttavia, il pm ha lasciato aperta una piccola concessione: Filippo Turetta, vista la giovane età, potrà uscire dal carcere dopo 26 anni, a condizione di un percorso di riabilitazione.

Le parti civili: “Giulia deve essere un simbolo”

I legali della famiglia Cecchettin hanno ribadito l’importanza di trasformare questa tragedia in un messaggio per la società. Giulia Cecchettin deve diventare un simbolo nella lotta contro la violenza di genere. La famiglia ha richiesto un risarcimento di 2.150.000 euro, ma il vero obiettivo è che il sacrificio di Giulia non sia vano.

La prossima udienza e la sentenza

La difesa di Turetta avrà spazio per le sue argomentazioni nella prossima udienza, prevista per domani. Potrebbe tentare di introdurre il tema della giustizia riparativa, che, pur non prevedendo uno sconto di pena, punta a un percorso di redenzione dell’imputato. La sentenza è attesa per il 3 dicembre.

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