Chiara Petrolini, per i pm ha premeditato l'omicidio dei due figlioletti neonati
«Sul web ricerche su aborti e decomposizione del corpo»
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La Procura di Parma ha contestato l'aggravante della premeditazione a Chiara Petrolini per l'uccisione dei suoi due figli neonati. L'indagine, condotta dal procuratore Alfonso D'Avino e dal PM Francesca Arienti, ha portato alla notifica della chiusura delle indagini per due omicidi volontari e altrettante soppressioni di cadaveri. La giovane di 21 anni rimane attualmente agli arresti domiciliari.
L'inchiesta e le prove raccolte
L'indagine, seguita dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Parma, ha rivelato una serie di comportamenti che dimostrerebbero una consapevole volontà di causare la morte dei neonati.
Nel caso del secondogenito, nato tra la 35esima e la 38esima settimana il 7 agosto 2024, la premeditazione emergerebbe da una serie di ricerche effettuate online dalla Petrolini. Tra queste, vi sarebbero informazioni su come nascondere una gravidanza, metodi per indurre o accelerare il parto e indicazioni sulla decomposizione dei corpi. Inoltre, durante la gravidanza, la giovane avrebbe assunto alcol e droghe, fumato e fatto pressioni sulla pancia, elementi ritenuti indicativi di una deliberata volontà di interrompere la vita del nascituro. Dopo il parto, la mancata richiesta di soccorsi e il taglio del cordone ombelicale avrebbero portato alla morte per dissanguamento.
Le analogie con la prima gravidanza
Anche il primo figlio, nato il 12 maggio 2023 alla 40esima settimana, avrebbe subito la stessa sorte. Anche in questo caso, secondo gli inquirenti, la donna avrebbe tenuto nascosta la gravidanza e non si sarebbe sottoposta a controlli medici. Dopo il parto, avvenuto in camera da letto, la Petrolini non avrebbe chiesto aiuto, causando così la morte del neonato. I resti del bambino sono stati riesumati nel settembre dello stesso anno.
Il dibattito sulla detenzione
Nonostante la gravità delle accuse, Chiara Petrolini rimane ai domiciliari. Alcuni esperti ritengono che la detenzione in carcere non sia la soluzione adeguata per la giovane, considerato il contesto psicologico e le condizioni personali. La decisione della magistratura continua a far discutere, mentre la comunità attende gli sviluppi del caso.