Il Super diffusore
Un signore britannico è diventato l’emblema di come i viaggi internazionali possano mettere a repentaglio gli sforzi del mondo per contenere l’epidemia di coronavirus.
Steve Walsh, 53 anni, avrebbe contratto il virus mentre era Singapore per una conferenza internazionale sponsorizzata dalla sua azienda, la Servomex.
In seguito l’uomo d’affari, quando era ancora asintomatico, ha raggiunto la sua famiglia che era a sciare sul monte Bianco, in Francia.
Lì ha infettato altri cinque concittadini che erano nel suo hotel, compreso un bambino di 9 anni, e uno spagnolo che era nell’area.
Tornato in patria
A Brighton nel sud dell’Inghilterra, il nostro portatore sano (almeno fino ad allora) si è recato in un pub dove ha diffuso ancora di più la malattia.
Questo senza contare le persone che ha potuto incontrare sui voli che ha preso per tornare nel Regno Unito.
Si teme anche che altre novanta persone, presenti alla conferenza a Singapore, possano essere state infettate e aver così iniziato altre catene di contagio nei loro Paesi natali.
Per l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità
Walsh è l’esempio perfetto di «super-spreader» (super diffusore), cioè qualcuno che infetta una grande quantità di persone. Non è la prima volta che accade.
A gennaio una donna di Shanghai che si era recata in Germania per partecipare a una sessione di aggiornamento alla Webasto, un’azienda di componentistica automotive, nel quartiere generale di Stockdorf, a sud-est di Monaco.
La signora, che era infetta ma non ancora malata, ha contagiato una dozzina di colleghi che poi hanno passato la malattia anche ai loro familiari.
Questi casi mettono in luce l’importanza dello scambio di informazioni tra Paesi diversi per riuscire a trovare nel minor tempo possibile le persone che possono diffondere la malattia, loro malgrado.
(Corriere)
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