Coronavirus, alcuni mestieri sono a rischio. Ecco chi potrà tornare al lavoro dopo la chiusura.
Chi avrebbe mai pensato fino a pochi giorni fa che il barbiere sarebbe stato uno dei mestieri più pericolosi al mondo? Il Covid 19 capovolge molti parametri sul fronte delle professioni. E’ rischiosissimo anche fare la maestra d’asilo e persino un gesto gentile e “caldo” come quello di servire un capuccino in un bar è classificato come potenzialmente pericoloso. Non parliamo di attività che vivono sul contatto fisico come quella dell’odontoiatra o dell’estetista. In piena zona rossa anche chi lavora in palestra o in una discoteca o deve gestire o organizzare dei soporiferi convegni si ritrova a combattere in prima linea con il ferocissimo virus. per non parlare della categorie, come medici e infermieri, che il Covid lo fronteggiano direttamente e che stanno pagando un pesante tributo in termini di vite stroncate. La nuova classificazione dei rischi sul lavoro è al centro di due studi, uno dell’Inail formulato nell’ambito di una collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, e un altro dell’Inapp, l’Istituto nazionale per le politiche pubbliche che dipende dal ministero del Lavoro. I CRITERI Entrambi gli studi adottano un criterio di base: la pericolosità delle attività lavorative dipende da chi è costretto ad avere una interazione fisica con i “clienti” e da chi deve lavorare vicino ad altre persone mettendo a rischio la regola numero uno dell’armamentario anti-covid: stare a un metro di distanza da altri esseri umani. In particolare l’analisi Inail-Iss suddivite le attività lavorative in tre stadi di rischio: alto, medio e basso. In quota alla fascia ad alto rischio - come accennato - appartengono le attività legate ad una maggiore prossimità fisica: medici e infermieri (ed in particolare dentisti e tecnici odontoiatri); barbieri, parrucchieri ed estetisti; trainer delle palestre; disc jockey; baristi; camerieri; maestri d’asilo e delle elementari. A rischio medio o comunque più gestibile sono considerati i cassieri delle banche e delle Poste; gli impiegati degli uffici pubblici che lavorano con il pubblico; gli operai addetti alle linee di montaggio o che comunque lavorano in squadre. A basso rischio sono invece i lavoratori che possono operare da soli o in ambienti aperti o con scarso afflusso di pubblico e duqnue agricoltori, notai, avvocati (ma non se frequentano i tribunali), chi lavora nel settore delle vendite immobiliari oppure fa lavori di manutenzione come l’idraulico o l’elettricista. Anche le tabelle elaborate dell’Inapp ricalcano questi criteri di base. «I risultati del nostro studio - si legge nell’analisi Inapp - mostrano che i lavoratori nei settori maggiormente esposti al rischio di malattie e infezioni lavorano prevalentemente in stretta vicinanza fisica con altre persone». In particolare tra i dieci settori con la maggiore esposizione a malattie e infezioni, quelli del settore sanitario – la cui attività vitale in tempi di epidemia non può essere chiaramente sospesa – riportano i valori più alti (vedi la tabella al centro del grafico). Un alto rischio è presente, inoltre, tra i settori dell’istruzione pre-scolastica e degli asili nido, che, al contrario del comparto sanità, figurano tra i settori che hanno temporaneamente interrotto la loro attività. Tra i primi dieci settori per rischio di prossimità, la situazione si inverte, perché gli insegnanti del settore pre-scolastico e degli asili nido riportano i due valori più alti (tabella in alto), senza per altro avere la stessa possibilità di proseguire il proprio lavoro da remoto come, invece, accade per i loro colleghi del comparto della scuola primaria e secondaria e dell’università. Fonte: Il Mattino Leggi anche Coronavirus, il premier Conte: «Chiusura fino al 3 maggio, non possiamo cedere adesso». Seguici su Facebook 41esimoparallelo